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Colpirà il lettore avvertito l'intensa, anche se formalmente assai discreta, ironia con cui Lope «chiaroscura» la Conquista, di cui lasciaben trapelare gli aspetti, non tutti limpidi, di colonizzazione-repressione.
Madrid 1614. Un Lope de Vega cinquantaduenne prende gli ordini religiosi. Cinque anni prima, nel congedare un suo trattatello di poetica teatrale in versi, ha confessato d’aver già scritto quattrocentottantatre commedie. Ora sente che può provarsi anche con un argomento «delicato» come la conquista del Nuovo Mondo, che data ormai di centoventidue anni. Nasce cosí El Nuevo Mundo descubierto por Cristóbal Colón , tragicommedia in tre atti in versi, che vede dipanarsi l’avventura della scoperta dapprima nelle difficili trattative del Ligure con i vari stati regnanti (Inghilterra, Portogallo, Spagna), pesantemente scettici sull’impresa; poi ce la rievoca, per cosí dire, in «presa diretta», nello sbarco dello scopritore, nei singolari primi contatti con gli indigeni, nella loro evangelizzazione.
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