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"Esisteva l'Urss e ha smesso di esistere. Lo spazio morto è stato recintato e vi hanno scritto: ‘Peste. Divieto d'ingresso'" scriveva Michail Bulgakov nel 1931. Oggi se l'Urss effettivamente non esiste più Martini riesce a dimostrare che quello spazio almeno per quanto riguarda la Russia e la sua cultura letteraria dà invece importanti segni di vita. Liberatasi dal confronto con il falso problema dell'infinita transizione postsovietica la letteratura russa ha superato anche i cicli di gelo e disgelo nei rapporti con il potere. Partendo di qui Martini fa emergere con freschezza un intero contesto culturale non limitandosi a esaminare le opere uscite negli ultimi dieci anni ma includendo nel suo discorso tutto ciò che oggi è letto e vivo ed è quindi fecondo di nuovi sviluppi: dalla letteratura sovietica non ufficiale (particolarmente belle le pagine dedicate a Viktor Erofeev impegnato a rivivere e a trascrivere una propria cristiana passione priva della speranza della resurrezione) all'esperienza dell'emigrazione (trasfigurata da Brodskij in una "metafisica dell'esilio") dalla rilettura (e conseguente popolarizzazione) di Nabokov attraverso Andrej Bitov alle diverse dimensioni del vuoto esplorate da Sergej Dovlatov e Viktor Pelevin l'esuberante "bardo della metamorfosi". Non tutto ciò che è stato vitale durante lo scorso decennio lo è però ancor oggi: è il caso del tema del gulag che dopo la stagione della memoria che va dalla glasnost' alla metà degli anni novanta (con la scoperta del genio di Salamov) è stato rimosso con stupefacente rapidità. Completa il libro un'"approssimazione bibliografica" che è un aggiornato percorso per continuare ad addentrarsi sia su carta che in rete nello spazio tutt'altro che morto della letteratura russa contemporanea.
Nicolò Pianciola
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