Immaginate un paesaggio misterioso in cui ogni cosa è connessa e nulla esiste veramente da solo. Un luogo dove forze invisibili si intrecciano per dare vita a ciò che vediamo e sperimentiamo: dalla concretezza di un fulmine che attraversa il cielo, alle percezioni più profonde della nostra coscienza. Questo libro invita il lettore a compiere un viaggio affascinante attraverso uno dei concetti più rivoluzionari della scienza e della filosofia contemporanea: l'universo dei campi. Non parliamo solo di fisica, ma di un’estensione che si immerge nel reame della metafisica, della biologia e, in ultimo, della mente umana. Prima di tutto, cos'è un "campo"? La fisica tradizionale lo descrive come una regione dello spazio in cui una forza, come quella elettromagnetica o gravitazionale, può agire su un oggetto. È un concetto che emerse con le teorie di Faraday e Maxwell nel XIX secolo. Michael Faraday, il geniale sperimentatore inglese, immaginava il campo come una sorta di invisibile "ragnatela" di linee di forza che permeava lo spazio. Con la scoperta della teoria quantistica nel XX secolo, il concetto di campo si ampliò in modi inimmaginabili. Oggi, parlando di campi, non ci limitiamo al magnetismo o alla gravità. Entriamo in una vera e propria rete universale di connessioni. Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica, ha introdotto il concetto di inconscio collettivo per descrivere una dimensione psichica che trascende l’individuo. Osservando questo concetto attraverso la lente metafisica, l’inconscio collettivo può essere interpretato come una forma di campo energetico sottile, un livello immateriale che unisce la psiche individuale a una dimensione universale. David Bohm, allievo di Einstein e pioniere della fisica quantistica, propose invece un’idea altrettanto rivoluzionaria: il concetto di campo implicito. Secondo Bohm, tutta la realtà potrebbe essere considerata come un insieme di informazioni codificate in un ordine profondo e nascosto. Questo ordine “implicito” sarebbe come il tessuto fondamentale dell'universo, una matrice che rende possibili le interazioni visibili ed esplicite. Bohm stesso paragonò l’universo al mare: ciò che vediamo in superficie sono le onde, ma queste onde nascono da correnti profonde e invisibili. Non possiamo ignorare nemmeno il contributo delle tradizioni spirituali. Nelle culture vediche dell'India, si parla da millenni dei cosiddetti "Registri Akashici". Oggi, una nuova rivoluzione sembra emergere: quella che esplora il legame tra i campi e la mente. L’idea che la coscienza possa essere un fenomeno quantistico ha affascinato ricercatori come il fisico Roger Penrose e l’anestesista Stuart Hameroff, che hanno ipotizzato che i microtubuli nelle cellule cerebrali agiscano come minuscoli "quantum computer". Se questa idea fosse corretta, si aprirebbe la possibilità di considerare la coscienza come una proprietà del campo quantistico stesso: un fenomeno non limitato al cervello, ma connesso al tessuto dell'universo. L’idea del campo ci spinge a vedere il cosmo non più come una macchina, ma come un organismo vivo e pulsante. Un concetto che, curiosamente, risuona non solo con le scienze moderne, ma anche con le intuizioni dei nostri antenati. Che cosa significa, dunque, tutto questo per noi esseri umani? Sarebbe forse il momento di considerare l’universo non solo come un insieme di leggi fisiche, ma come una manifestazione di informazioni, energia e significato. Partire dai campi classici e arrivare ai confini della coscienza significa affrontare una sfida: quella di spingersi oltre i paradigmi che ci hanno accompagnato finora.
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