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1876-2006: è l'arco di tempo su cui si allineano i dodici fatti di sangue ricostruiti, con puntigliosa precisione, dagli autori di questo avvincente libretto. Drammi eterogenei, rievocati su registri diversi. Per raccontare la storia del cioccolataio Gariglio, pugnalato da un sicario in una stradina buia del quartiere di Vanchiglia, Gianaria e Mittone si divertono ad adottare i modi del feuilleton ottocentesco, mentre traducono la vicenda della bella Rosa Vercesi, assassina della sua amica Vittoria, nel linguaggio del dramma giudiziario. Poi, man mano che le vicende si avvicinano ai nostri giorni, passano gradualmente a una scrittura diversa: più neutra, sommessa, volutamente opaca. Quando arrivano alla morte recentissima (2006) di Fatima Zora El Ksis, la studentessa marocchina uccisa a coltellate da un corteggiatore respinto, di cui aveva inutilmente denunciato le molestie, rinunciano a ogni commento. Lasciano, con una scelta straordinariamente efficace, la parola alla sentenza pronunciata dal tribunale contro l'assassino. Sentenza che ordina esempio tragicomico dei cronici ritardi burocratici della legge "la confisca del coltello marca Koch-Messer avente una lama della lunghezza pari a cm. 20". Tra la morte di Gariglio, che ha per sfondo la mala d'altri tempi cara a Ceronetti, e quella di Fatima Zora, che ci costringe ad aprire gli occhi sulla realtà di oggi, scorre davanti a noi la storia delle trasformazioni di una città, colta ha scritto giustamente il prefatore in una specie di lunghissimo piano sequenza. Dalla Torino ottocentesca passiamo a quella modernizzata dall'industria nascente; dalla città in cui la seconda guerra mondiale si prolunga in sanguinose vendette di sbandati, alla "capitale dell'auto" chiusa nella sua illusoria e precaria opulenza. Le morti violente sono soltanto un filo nel labirinto della Storia, ma un filo che gli autori padroneggiano bene e sanno sfruttare sino in fondo.
Mariolina Bertini
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