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Dopo la pubblicazione del Corpus iconographicum e delle Opere magiche , Adelphi prosegue la nuova edizione degli scritti latini di Giordano Bruno, diretta da Michele Ciliberto. Si tratta, questa volta, delle cosiddette Opere mnemotecniche , e precisamente di un primo volume che contiene l'edizione italiana di quelle pubblicate a Parigi nel 1582, nate come dispense o compendi di lezioni universitarie: il De umbris idearum e il Cantus Circaeus . A queste seguirà, in tempi brevi, un secondo volume con gli altri scritti mnemotecnici, cinque, che ci sono pervenuti. Il De umbris e il Cantus si avvalgono dell'introduzione e della felice traduzione di Nicoletta Tirinnanzi; dell'intervento di Rita Sturlese (che aveva già curato il De Umbris per Olschki) sugli aspetti filologici dei testi latini, sull'apparato critico e su quello delle fonti e dei loci paralleli ; infine, dell'apparato bibliografico di Marco Matteoli. I tre curatori, che si sono suddivisi il commento storico-filosofico dei volumi, hanno restituito nella loro sconcertante complessità due opere che - nonostante l'edizione nazionale tardo-ottocentesca di Francesco Fiorentino e dei suoi successori - attendevano di essere convertite in uno strumento adatto a un pubblico eterogeneo di studiosi italiani, non solo storici del pensiero e della filosofia, ma anche filologi e iconografi.
La versatilità di questi scritti si deve anche alla disciplina a cui sono dedicati: la quale, come già aveva intuito nei suoi saggi dedicati all'arte della memoria la storica Frances A. Yates, non è l'esercizio virtuoso di un'arte ripensata da una mente eccentrica e poco sistematica, bensì un vademecum dell'intera filosofia bruniana. Yates esasperò le sue conclusioni nel tentativo di ritrarre il nolano come "grande mago ermetico", ma la sua idea fu elaborata più compiutamente dagli studi di Paolo Rossi, di Cesare Vasoli e da quelli di Eugenio Garin, a cui il volume è dedicato. Si trattava di riconoscere che la mnemotecnica, utilizzata dagli oratori antichi e perfino dalle spie come mero allenamento della memoria, era stata considerata da Giordano Bruno l'ancella prima del pensiero filosofico. Fondamentale era stata la lezione dell' Ars Magna di Raimondo Lullo (1235-1315), che aveva inteso dare al sapere una forma unitaria, riconoscendo alla memoria, con l'intelletto e la volontà, la dignità di "potenza dell'anima", capace di cogliere il reale e affine al pensiero logico e metafisico.
Partendo da queste premesse, Bruno aveva eletto questo esercizio di impressione di immagini e luoghi nella mente umana - non già magia ma vera scienza, aveva precisato a un ammirato Enrico III di Francia - quale via privilegiata alla visione, se non alla creazione, delle "ombre delle idee". Le due opere, e in particolare il De umbris nell'eterogeneità delle due sezioni, rivelano il tentativo di trovare una via terza rispetto all'aristotelismo dei suoi nemici, gli scolastici parigini di cui nel corso del dialogo sono raccolte le obiezioni, e al neoplatonismo di Plotino, rivisitato attraverso l'opera dell'umanista Marsilio Ficino. I tre parametri sono sempre gli stessi: da una parte, il mondo delle idee, l'Uno e il Vero; dall'altra, la natura, il mondo dei corpi e delle cose sensibili; dall'altra ancora, le ombre delle idee, le immagini che l'essere umano forma - e poi trattiene - con l'applicazione della fantasia creativa all'intelletto. Ma qui la mnemotecnica non è più un'arte che fornisce attraverso le ombre una blanda imitazione del mondo delle idee, mediante uno sterile tentativo di collegamento tra l'universo umano e quello naturale, come volevano gli scolastici (per i quali l'ombra era sintomo di errore); e nemmeno, secondo la lezione dei neoplatonici, la possibilità di istituire un rapporto immediato tra il microcosmo umano e il macrocosmo divino, idee e intelletto.
La genesi della filosofia bruniana si rivela talvolta confusa, e poco sistematica, in questi due trattati: nasce l'idea di un intelletto che, nelle ombre che produce e ritiene con l'arte della memoria, accosta l'essere umano alla natura e, attraverso essa, alle "immagini limpide" delle idee divine. La memoria è il mezzo principe per passare dall'errore alla verità assoluta: non tanto arte magica, quanto itinerario scientifico. La pratica teurgica, che si ricollega alla primordiale sapienza di Ermete Trismegisto e al culto tributatole nel Rinascimento, è ben presente: ma si trasforma in praxis propedeutica alla conoscenza filosofica e all'epistemologia.
Eleonora Bellini
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