Milano, dalla Società Tipografica de' Classici Italiani, 4 voll. in-8° (220x140mm), pp. XLVIII, 378, (2) 269, (3) 414, (2) 432, (4) brossure editoriali azzurre con titolo entro bordure di greche. Ritratto del Cesarotti inciso su rame dal Boggi all'antiporta del primo vol. Bell'esemplare in barbe. I primi 3 volumi contengono le poesie di Ossian del Macpherson nella celeberrima traduzione cesarottiana, mentre il terzo é occupato dagli scritti linguistici ed estetici del Cesarotti. Il primo vol. presenta un'avvertenza editoriale e una vita del Cesarotti scritta da Giovanni Antonio Maggi, oltre che varî scritti cesarottiani relativi ai poemi ossianici, di cui segue la sua versione in sciolti e in polimetri. "É stata questa scelta diretta da editori di fino gusto, ed ha una succosa Vita dell'Autore scritta da Gio. Antonio Maggi, di cui é pure la traduzione d'una Dissertazione di Ginguené sulla Originalità delle Poesie di Ossian" (Gamba). Come noto, il poeta inglese James Macpherson, dopo aver tradotto su esortazione del drammaturgo John Home alcuni antichi canti epici dei bardi gaelici, tramandati da manoscritti dei secoli XII-XVI, e detti del ciclo di Ossian ("Fragments of Ancient Poetry collected in the Highlands of Scotland and translated fron the Gaelic or Erse language"), pensò di dar loro seguito, questa volta con degli apocrifi da lui composti in analoga maniera stilistica e analogo tessuto linguistico, "Fingal" e Temora". La nuova ed apocrifa epica ossianica incontrò enorme fortuna in tutta Europa, e il clamoroso falso, forse il più celebre di tutta la storia letteraria, trasse in inganno a lungo studiosi e comuni lettori, giungendo a farlo preferire da molti ai poemi omerici. In Italia il Cesarotti tradusse tempestivamente lo pseudo-Ossian, che era stato seguito da numerosi imitatori, senza nutrire sospetti sull'operazione falsificatrice di Macpherson, e la sua versione, molte volte riedita, superò in talora lo stesso originale per vigore e qualità lirica. I canti ossianici influenzarono quasi tutta la letteratura e molta parte della pittura del secondo Settecento e del primo Ottocento, da William Blake a Foscolo, da Goethe a Herder, da Schiller a Klopstock, preludendo già alla temperie del Romaticismo. "Ce qui me confond, - confessava Diderot - c'est le goùt qui régne là, avec une simplicité, une force et un pathétique incroyables". Gli scritti del quarto volume documentano invece le concezioni estetico-linguistiche del Cesarotti, in cui il Croce scorse qualche eco delle idee del Vico, concludendo che "non sembra tuttavia che l'insigne letterato, filosofo dilettante e saltuario, trovasse soluzioni profonde e originali" (Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, 10ma ed., Bari, 1958, pp. 265-266). Edizione delle opere classiche italiane del secolo XVIII. Gamba, 2567. Per più estese informazioni circa i poemi ossianici, le loro traduzioni, imitazioni e fortuna, cfr. Mario Praz in Enciclopedia Italiana, XXV, 722-724.
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