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In questo ricco e brillante studio vengono analizzate nel dettaglio le tappe che portarono, in Francia, alla sostanziale abdicazione del parlamento di fronte a Philippe Pétain nella seconda settimana di un luglio politicamente caldissimo, quello del 1940. Blum avrebbe in seguito detto che i partiti (non quello comunista, fuorilegge da vari mesi) avevano votato i pieni poteri al Maresciallo - 569 voti a favore, 80 contrari - affinché cambiasse la costituzione per il fatto che temevano un colpo di stato. Ma già il governo Daladier (aprile 1938-marzo 1940), l'ultimo ad agire dinanzi a camere dotate d'una qualche libertà di movimento, aveva preparato un clima favorevole agli esperimenti autoritari. Subito dopo arrivava Paul Reynaud. Nel maggio 1940, egli nominò Pétain vicepresidente del Consiglio, e, nel giugno, Charles de Gaulle, che di quest'ultimo aveva criticato la visione arcaica della guerra, sottosegretario di stato alla Difesa nazionale; Maxime Weygand, responsabile quanto Pétain del disastro strategico francese di fronte alla Wehrmacht, andò addirittura a sostituire Gamelin ai vertici delle forze armate. Reynaud fu dunque l'apprendista stregone di questa fase.
L'autore, nell'inquadrare una Terza repubblica "indotta al suicidio" durante i suoi ultimi tempi, sottolinea come il governo Pétain si formasse nel rispetto delle procedure costituzionali (Auriol lo definì un coup d'Etat legal ), pur con una "sapiente combinazione di forme legali e forzature autoritarie". Ragione, la mancanza d'intesa sulla via da seguire davanti alle truppe tedesche vittoriose: armistizio o prosecuzione della guerra, governo in esilio o governo che riconoscesse la sconfitta e il passaggio dei poteri istituzionali ad altre forze? Si tenga conto che il presidente della Repubblica Lebrun rimase inerme di fronte all'evolversi della situazione. Guerrieri ricostruisce le fasi del tracollo partendo dal momento clou per poi arretrare ai prodromi, e rimarcando come i segnali d'allarme circa la debolezza del sistema politico francese, a dispetto del parziale "esperimento di rilancio parlamentare" tentato dal Front populaire, non fossero stati colti: una navigazione a vista poi costata molto cara. Perfino il sì alla guerra fu votato dal parlamento quasi senza dibattito, nel contesto di quella crescente "deresponsabilizzazione" del legislativo indicata dall'autore come uno dei grandi guai dell'esagono entre-deux-guerres .
Ma viene anche a emergere con chiarezza la rete di accondiscendenze e complicità che preparò il terreno ai fatti del 9 e 10 luglio. L'attacco dei britannici alla flotta francese di Mers-el-Kebir favorì le richieste di Laval, il grande negoziatore di Pétain, assestando un duro colpo a quanti vi si opponevano - una minoranza, che per di più esitava a sostenere de Gaulle e offrire una proposta alternativa. In tutti i gruppi parlamentari il voto per i pieni poteri a Pétain, figura omaggiata da molti fra gli stessi oppositori ben al di là dell'opportuno, finì per essere maggioritario. Un vulnus difficilmente superabile, nota Guerrieri, anche per la Francia del dopoguerra.
Daniele Rocca
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