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Il nuovo libro di Gian Antonio Stella affronta, come i precedenti, un tema di scottante attualità. Questa volta tocca al dramma dell'emigrazione. Non si tratta però di un saggio sugli sbarchi in massa di albanesi, curdi, africani e cingalesi, che tanto posto occupano nelle cronache dei quotidiani. Con un brillante gioco di prospettive rovesciate, l'autore ci propone un salto nel nostro passato per capire meglio il presente. Ricostruisce infatti la storia degli italiani che per un secolo, dal 1876 al 1976, hanno lasciato la penisola per sfuggire la fame e la miseria in Belgio, Svizzera, Francia, America, Australia. La sorte di questi connazionali non fu molto diversa da quella degli emigrati di oggi, spesso costretti a vivere di espedienti, in condizioni di salute ed igiene precarie, in bilico perenne tra onestà e delinquenza. Gian Antonio Stella la racconta con la chiarezza e l'attenzione per i particolari del giornalista esperto e con il tono forte e indignato di chi si ribella al «fetore insopportabile di xenofobia che monta, monta in una società che ha rimosso parte del suo passato». L'orda cerca di fare chiarezza in una storia complessa in cui spesso bugie e verità si fondono a creare il mito dell'emigrato riscattato dalla strenua abnegazione al lavoro. Per molti andò davvero così. Ma per tanti che trovarono il benessere e il successo, molti vissero un'esistenza di stenti e furono vittima dell'intolleranza e del razzismo. «La feccia del pianeta, questo eravamo. Meglio: così eravamo visti. Non potevamo mandare i figli alle scuole dei bianchi in Lousiana. Ci era vietato l'accesso alle sale d'aspetto di terza classe alla stazione di Basilea. Venivamo martellati da campagne stampa indecenti contro questa maledetta razza di assassini», scrive Stella nell'introduzione. E per molti che si davano onestamente da fare c'erano anche coloro che non si facevano scrupoli. Ecco allora una serie di episodi, ricostruiti con rigore storico dall'autore, che non potranno non suscitare in noi, italiani di oggi, meraviglia e sbigottimento: storie di emigrati che truffavano mezza Europa raccogliendo soldi per riscattare inesistenti ostaggi dei saraceni, vendevano i bambini agli sfruttatori assassini delle vetrerie francesi e agli orchi girovaghi, gestivano la tratta delle bianche riempiendo di donne italiane, anche dodicenni, i bordelli di tutto il mondo, seminavano il terrore anarchico ammazzando capi di stato e poveri passanti. L'emigrazione italiana era anche questo: una pagina di storia che è stata rimossa e che questo libro di Gian Antonio Stella vuole ricordare. Soprattutto a chi ora cova maggior sospetto verso i nuovi immigrati. Perché «Se andiamo a ricostruire l'altra metà della nostra storia, si vedrà che l'unica vera e sostanziale differenza tra noi allora e gli immigrati in Italia oggi è quasi sempre lo stacco temporale. Noi abbiamo vissuto l'esperienza prima, loro dopo. Punto.»
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