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All'uomo con le mani in tasca che in foto si aggira fra le rovine di Belchite, ai suoi occhi che scrutano in quel morto ammasso di detriti, di vie squarciate come fondali di piaghe fra gli echi di una straziante guerra civile, a quell'uomo basta un solo periodo per incidere sulla pagina il tratto certo di ciò che gli sta intorno: "Faraonico monumento di atroce fanatismo e stupidità". E' uno degli spigoli di Spagna da cui egli si lascia toccare in lontananze gemelle alla sua isola, al suo sogno di scrittore e lettore, di rarissima coscienza civile: "Era la Spagna della fraternità dei poeti, della fraternità dei poeti col popolo, col popolo che avrebbe dato inizio alla Resistenza Europea". Chiunque abbia mezza bava di intuito e si aggiri fra questi saggi non esiterà a comprendere quali lucide assi li sorreggano, quale intelletto d'amore salga in quell'uomo per quella terra e i suoi misteri, le sue distese, quale gigantesco lascito nel proprio stradario sensibile. Dal mondo sacro della pittura di Murillo che, proprio perchè tanto "familiarizzante", nel momento in cui delude è anche "bestemmiabile", all'infinito debito morale verso Ortega Y Gasset: "Ortega non va mai fuori tema". Fino alle decisive altezze con cui si riflette sul Don Chisciotte, facendo luce anzitutto su quelle due incantevoli parole scelte da Cervantes nel prologo: "Desocupado lector". Credetemi, è uno dei più realizzati e splendidi svelamenti - forse il definitivo, il più esatto in assoluto - sulla gioia del leggere, su cosa davvero sia quest'essenza, da dove venga, cosa la vesta e la fecondi e la renda immortale. Così si snoda questo vagare, fra schegge di memorie e sguardi su donne avvolte in magnifiche mantiglie durante le processioni andaluse: "Appaiono belle anche le brutte, e bellissime le belle". Fino a dirci che lo scrittore - ma vale per chiunque di noi - altro non deve fare che "estrarre da una sconfitta i vantaggi dell'anima". Quell'uomo non smetterà mai di parlarci. E' Leonardo Sciascia.
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