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Le donne come essenziali protagoniste della vita sociale e intellettuale dell’Italia unita: questo propone la ricerca attenta di Liviana Gazzetta nel suo recente libro, documentando nel periodo scelto le articolate modalità della partecipazione femminile alla vita del Paese.
L’autrice, studiosa esperta dei percorsi femminili contemporanei singoli e collettivi, nel filone di ricerca iniziata negli anni Sessanta da Franca Pieroni Bortolotti e arricchita da successive esplorazioni compie qui una ricognizione profonda mirando all’orizzonte dell’Italia che si faceva nazione. Dal punto di vista giuridico, le donne non furono premiate: il predominio del paternalismo informò il codice civile, o codice Pisanelli, varato nel 1865. Malgrado ciò, la Penisola risulta uno spazio-crogiuolo entro il quale si delinearono gruppi femminili, spesso intorno a temi diversi resi visibili da azioni pratiche nella società e da pubblicazioni giornalistiche: per tutte ne segnaliamo due, «La Donna» di Gualberta Adelaide Beccari (1868-1891), la «Vita femminile italiana» di Sofia Bisi Albini (1907-1913). Non vi fu una direzione unica dei movimenti creati dalle donne, ma è evidente, oltre ad una energia di stampo garibaldino, una ispirazione etica che dava risalto al mazzinianesimo, pur se appreso tardi nella regione veneta divenuta italiana solo dopo il 1866, e all’ideale religioso vissuto come “Risveglio”, e che poteva guardare o alla dottrina cattolica o alla protestante o alla ebraica. Il bisogno dei vari movimenti femminili di confrontarsi e unificarsi culminò nel 1908, raggiungendo, con travaglio, la forma federale (Consiglio nazionale delle donne italiane, CNDI), che poté affrontare a Roma il suo I Congresso, fissando i riferimenti per quella legislazione di tutela riguardo al lavoro delle donne e dei fanciulli, che, in accordo con il contesto europeo, caratterizzò il periodo detto “giolittiano”. Il termine finale che l’autrice dà al suo esame, il 1925, segnala l’esaurimento e l’involuzione, rispetto alle prove fattive e consapevoli precedenti, sia pure disparate. Le istanze elaborate dai movimenti femminili in oltre mezzo secolo furono bloccate quando il regime fascista si impose azzerando le istanze partecipative. Escono dalla ricerca il periodo dal fascismo, il suo abbattimento, il suffragio generalizzato nel 1945. Solo per cenni l’A. registra la continuità del movimento cattolico pur negli anni della dittatura, «sempre riconosciuto come interlocutore» (p. 224).
Franca Bellucci
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