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In questa epoca dominata dalla serialità e dalla scoperta un po’ ingenua delle potenzialità del piccolo schermo, vale la pena sottolineare un concetto semplice, eppure troppo spesso trascurato: a prescindere dal medium di destinazione, un’opera può essere – o non essere – di valore assoluto. Ce lo ricorda Fassbinder, autore geniale che si muoveva senza alcun tentennamento tra teatro, cinema e – rombo di tamburi – televisione. Già, proprio il piccolo schermo. Proprio quella scatola magica che, tanto per fare qualche nome, aveva già ospitato Rossellini e le sue opere e che, via via, regalerà agli spettatori più o meno curiosi straordinari lavori di Reitz, Von Trier, Teshigahara, Lynch. "Tutti i film e i drammi che ho scritto erano indirizzati a un pubblico intellettuale Nei confronti di questo si può benissimo essere pessimisti e lasciare che un film si concluda nell’impotenza. […] Nel caso del pubblico più largo, che era quello della mia serie televisiva, sarebbe stato reazionario e pressoché criminale dare un’immagine disperata del mondo. Il primo compito è di tentare di renderli più forti dicendo loro: “voi avete ancora delle possibilità. Voi potete far uso della vostra potenza, perché l’oppressore dipende da voi. Che cosa è un padrone senza operai? Nulla. Ma si può senza dubbio pensare un operaio senza padrone." La serie conquistò grosse fette di pubblico, ma fece storcere il naso a destra e – soprattutto – a sinistra, ai sindacati. L’operaio senza padrone, giusto per focalizzarci su una delle questioni più spinose, è infatti un tema che lega poco con la politica, come poco legava questa rappresentazione solare, questa balzana idea di una famiglia povera ma felice.
davvero un capolavoro. ti tiene incollato allo schermo dall'inizio alla fine.lo consiglio.
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