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Fin dalle pagine introduttive si capisce che non sarà solo richiesto al lettore di afferrare per comprensione un testo di psicologia; dovrà impegnarsi invece a lasciar andare i significati noti che organizzavano il suo sapere così come dovrà rinunciare ad inserire un mito in una teca per esercitarsi poi a trovare somiglianze con accadimenti della realtà. Nei "paesaggi dell'anima" si contempla l'invisibile, quel mondo altro che completa il reale e che i miti fanno occhieggiare così velocemente da rendere fugace qualsiasi forma organizzata a contenerli. È l'eterna ossessione dell'uomo: rendere visibile anima, passioni, valori, spirito e non disporre che di un corpo mutevole e bizzarro per farlo. Con lo stesso ritmo con cui il corpo nella danza crea ed annulla forme successive così l'anima appare e scompare nelle vicende del mondo. Umberto Galimberti la segue con maestria ed esperienza nei luoghi del suo sapere sicuro però di poterla far solo balenare attraverso quel corpo che è carne, sangue ed anche simbolo ed ombra. Può dirsi l'anima libera?, può essere trasformata o piegata dall'educazione? Galimberti ci propone l'impossibilità ma anche l'inutilità di costringere l'anima in forme concluse, solo un'operazione inutile come quella di "combattere i deliri dei folli. Forse anche l'anima richiede come cura il tempo dell'attesa, quel girovagare in terra straniera solo per vivere il tempo dell'essere.
Recensioni
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Dell'anima è stato detto di tutto: che è mortale o immortale, che può salvarsi o dannarsi, conoscere la verità o cadere nell'errore, che eleva e nobilita tutto ciò che nell'uomo è poco nobile, cosicché anche il desiderio non è solo dei corpi. Due secoli fa si pensò che potesse ammalarsi, proprio come il corpo, e richiedere medici dell'anima: nacquero la psichiatria, la psicoanalisi, la psicolgia, che tolsero all'anima la sua aureola e contribuirono a disperderne la verità nei vari saperi. Ma per Umberto Galimberti è necessario andare al di là del linguaggio della razionalità e delle scienze psicologiche. Bisogna recuperare l'irrazionale che abita la profondità dell'anima, e ci fa accedere alla radice da cui si dipartono sia la ragione sia la follia, giungere al fondamento non storico della storia. Oggi non conosciamo più l'anima universale che gli antichi descrivevano ai limiti dei due mondi, dello spirito e della materia: ci sono solo anime individuali rese asfittiche dall'incapacità di correlare la loro sofferenza quotidiana con il dolore del mondo. Ogni indagine sull'anima implica quindi per Galimberti un esplicito riconoscimento della sua dipendenza da ambiti culturali più vasti, un dialogo ininterrotto con tutte le forme di cultura e gli scenari storico-culturali che possono dare modelli interpretativi, e il recupero della visione degli antichi che avevano dato un'anima sia all'uomo sia al mondo, e nell'armonia delle due anime vedevano la bellezza.
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