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recensione di Massenzio, A., L'Indice 1997, n. 6
Seguendo il percorso di Rossana Bonadei si finisce, in maniera non troppo dissimile da un personaggio di Dickens, con l'intraprendere un viaggio attraverso i luoghi dell'Inghilterra vittoriana. Una sequenza di immagini ritrae in primo piano la trasformazione violenta del paesaggio alla svolta del secolo; le figure dei romanzi dickensiani scorrono davanti al lettore-viaggiatore evidenziando, nella struttura dei testi, connessioni e rotture con un genere narrativo legato alla tradizione e destinato a scomparire dalla scena letteraria del tempo: l'idillio. Partendo dalle opere d'esordio in cui si può ancora osservare la dicotomia settecentesca città-campagna, ci addentriamo, con i grandi romanzi, nello scenario industriale del mondo urbano, dominato dalla figura regnante della fabbrica che tutto omologa a sé, e in cui la macchina per eccellenza, il treno, squarcia il paesaggio, e imposta sulla velocità il ritmo innaturale della vita dell'uomo. Oltre, attraverso gli ultimi capolavori dickensiani, l'obiettivo critico dell'autrice si fissa su Londra, centro di morte e desolazione in cui la voce dell'idillio sembrerà ormai spenta del tutto. Lo sguardo sulla metropoli informe, sommersa da fango, nebbia e rifiuti, rivela dunque definitivamente distrutto il legame tra uomo e natura e racconta di un nuovo ambiente dai contorni oscuri, imprecisi, e impenetrabili dall'espressione artistica che registra così, paradossalmente, il fallimento della propria visione. Eppure Dickens potrà guardare e farci meglio osservare quelle figure nascoste tra fumo e foschia, o coperte sotto la cenere, e dar loro un significato proprio attraverso la rinnovata lente dell'idillio.
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