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Gran libro! Bernardi, come negli altri suoi studi, ci guida alla scoperta del rapporto tra noi e ciò che è fuori di noi, attraverso una lucida analisi del rapporto tra soggetto e oggetto della visione. Pochi come Bernardi sanno "pensare insieme" le cose che ormai si stanno divaricando nella prassi di ogni giorno. Mollica direbbe: "un libro che fa bene all'anima". Al cervello - lo dico io - di sicuro!
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In quest'ultimo suo libro, Bernardi, che insegna storia e critica del cinema all'Università di Firenze, s'interroga sul ruolo del paesaggio nell'ambito del cinema, in particolare di quello italiano. Il percorso si dipana a partire da un breve ma ricco excursus in merito alle riflessioni filosofiche intorno al concetto di natura dal Romanticismo a oggi. Il motivo dell'uomo che guarda uno scenario naturale è, in effetti, una delle forme simboliche ricorrenti della cultura occidentale. Il paesaggio è considerato per tradizione il luogo del trionfo della cultura, dello sguardo sovrano che ha dato forma al kaos originario. Esso costituisce però anche, contemporaneamente, una specie di fragile tenda o di affresco, dietro il quale soffia ancora il vento freddo di un mondo sconosciuto.
Nel cinema, paesaggio significa non solo rapporto fra personaggio e spazio, fra individuo e mondo, ma anche relazione fra diversi livelli di sguardo: c'è l'osservatore, che è un personaggio, e la cinepresa, che osserva l'osservatore. Il paesaggio cinematografico diventa quindi punto di partenza per una riflessione sul cinema e insieme sull'atto del guardare inteso come atto conoscitivo. Dietro l'osservatore e dietro la macchina da presa un altro sguardo sta in agguato, nell'ombra: quello dello spettatore, che organizza e struttura il suo rapporto con il film secondo codici e modelli culturali sempre diversi, nello spazio e nel tempo. Riflettere sul paesaggio significa perciò anche ragionare su tre esperienze visive: lo sguardo dei personaggi dentro il film, lo sguardo del film, lo sguardo dello spettatore sul film.
Il cinema italiano, nella seconda metà del Novecento, è un cinema di grandi paesaggi. In esso l'elemento paesaggistico spesso diventa un vero e proprio personaggio, un interlocutore, molte volte uno spietato antagonista nei confronti dei personaggi tradizionali. Nel rapporto personaggio-paesaggio il cinema del nostro paese mette spesso in discussione, più o meno consapevolmente, la cultura, vale a dire tutto il sistema di codici dentro il quale ogni soggetto esiste e senza il quale non avrebbe identità.
L'ultima parte del volume è infine dedicata a un approfondimento sul paesaggio nel cinema di Michelangelo Antonioni.
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