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«Voglio morire». Mone è un'adolescente all'inizio delle scuole superiori. Dovrebbe essere una ragazza come tante, ma la sua vita sembra andare a rotoli e non ha nessuno su cui contare.
«Nel Paese dei suicidi non c'entrano né l'etnia né la politica: qui ci sono la disperazione e l'impulso di vivere, nonostante tutto. Una condizione e uno slancio che non votano e non hanno passaporto» - Marco del Corona, La Lettura
Mone è un'adolescente all'inizio delle scuole superiori. Una famiglia solo in apparenza. Il padre ha un'amante da anni e lei è l'ultima a scoprirne l'esistenza. La madre preferisce il fratello minore, Satoshi, e progetta di portarlo via con sé, lontano dalle radiazioni, lasciandola indietro. Un gruppo di amiche con cui ha un rapporto superficiale, di cui non sente di fare parte davvero. Il suo unico alleato è il cellulare che porta sempre con sé, grazie al quale può raggiungere il lato più oscuro di internet. Ciò che trova è un forum, una chat di morte dove individui di età e provenienza diverse, con le motivazioni più disparate, cercano dei compagni con cui togliersi la vita. Yodogawa, Namiki e Nana sono gli utenti anonimi che entrano a far parte del "Gruppo della fine", i compagni che ha scelto per accompagnarla nel suo ultimo viaggio. Un cammino verso la morte che porterà Mone a entrare in contatto con aspetti di se stessa prima sconosciuti.Libro che descrive, senza approfondire cause ed analisi, i pensieri suicidi di una ragazzina tra pressione sociale, crisi familiare e inadeguatezza bei confronti delle compagne/amiche. Troppe onomatopee e suoni che fanno solo da contorno all’ambiente che la protagonista vive ma che non hanno un influsso su i suoi pensieri. Alcuni riflessioni sembrano un po’ anacronistiche per l’età della ragazza.
Dato il tema mi sarei aspettatta di provare maggiori emozioni e di avere più spunti di riflessione. A mio parere l'autrice avrebbe dovuto sviluppare maggiormente i personaggi e la loro psicologia, soprattutto per quanto riguarda la protagonista. Inoltre vi sono un sacco di dialoghi e onomatopee inutili che occupano almeno un terzo del libro, se eliminati completamente non toglierebbero nulla ai fini della comprensione della narrazione.
La voce narrante è quella di Mone, una ragazza adolescente che ha deciso di porre fine alla sua vita. Nel contesto in cui vive Mone, nulla è in grado di offrirle una minima gioia, o gratificazione, nulla, nè scuola, nè famiglia, nè amici, le riconosce un minimo valore. E, in una società così strettamente orientata alla collettività, non essere parte riconosciuta in un qualsiasi gruppo, da quello nucleare della famiglia di origine a quello sociale delle relazioni scolastiche o lavorative, significa valere zero. Il singolo non è in grado nè di difendersi dalla pressione costante cui è soggetto nè di esercitare su se stesso uno scatto di ribellione, di autovalutazione, sebbene sia consapevole dell'ingiustizia profonda di questo stato di cose. Le motivazioni per scegliere la morte possono essere profondamente diverse, e sarebbe riduttivo e irriguardoso in questa sede limitata tentare di analizzarle, ma Yu Miri indica chiaramente nel romanzo la responsabilità socio-culturale della realtà giapponese e lo fa in un modo dettagliato, freddo, scegliendo il contesto adolescenziale e attingendo, come dichiarato piu volte, dal suo stesso vissuto. Un romanzo duro e triste, pur senza autocompiacimento melodrammatico, che illustra chiaramente come il contesto in cui vivi possa portarti a credere di non avere vie d'uscita, a guardare alla morte come a qualcosa di auspicabile. Una rigidità sociale come quella giapponese rende le persone sensibili ancora più vulnerabili e quelle più ottuse ed egoiste crudeli e in qualche modo molto più letali di quanto esse stesse credano.
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