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Un bambino è nato per noi. Un bambino che dà corpo al popolo degli invisibili, un bambino, a sua volta, invisibile... Il progetto nasce nel cuore dell'Opera di San Francesco, che giorno per giorno, si occupa di dare un volto a chi ha perduto la propria identità... Il regista, Giovanni Bedeschi, capovolge il punto di vista del suo "cinema" pubblicitario, sempre puntuale, calcolato, che fa del ritmo e del tempo la sua sostanza, per affidarsi allo sguardo degli altri (per vedere o non vedere), nutrirsi delle storie miserabili degli homeless di quella che fu la Milano da bere (per ascoltare o non ascoltare). "Pane del cielo", consacra, come in un dipinto caravaggesco, i crocicchi della città e gli squallidi e fatiscenti caseggiati delle periferie del mondo, a temp(i)o di Grazia, un luogo dove chiunque può accedere, ma non tutti possono "convertirsi". Se l'immagine saintexuperyana, "l'essenziale è invisibile agli occhi" è il pretesto per dare voce ai miser(abil)i della terra, il bambino trovato nel cassonetto (proprio da chi è capace di rovistare tra i rifiuti) ne rappresenta il contesto. Non è peregrina la possibilità che, alla fine del film, ci (ri)scopriamo guariti dalla cecità del cuore con cui l'opulenza del mondo occidentale ci ha educati. "Il Cantico delle creature" (reso ancora più "francescano" dell'originale) che, come un Segno di Croce, apre il film, accompagna lo spettatore lungo un percorso di facile comprensione estetica, ma di più complessa accettazione etica che, attraverso l'esperienza delle vite (anonime) di poveri cristi, trasforma in "avventura" spirituale una normale abitudine culturale e sublima la povertà nella più grande di tutte le ricchezze.
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