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Al cfr Leopardi era un allegrone ed Hobbes un ottimista; leggere ascoltando Murder Ballads (Nick Cave and the Bad Seeds) può garantire il suicidio. Il voto è basso non per le idee espresse ma per il debole supporto che ricevono. Sociologicamente parte da (e richiama) concetti reali/veri e giunge a sintesi (non sempre) accettabili, ma a mio avviso il saggio è debole per argomentatività e limitatezza dell'osservazione del problema. In particolare ho rilevato: scarsa considerazione di antropologia, sociologia e psicologia (strumentalmente toccate su temi limitati: agire delle masse, violenza in guerra); contraddizioni (in guerra i soldati sono confusi, gli ordini legittimano la violenza e liberano gli istinti animali); uso di concetti di Shopenhauer, Nietzsche, Michels, Plauto, Keegan, Hobbes, Levi-Strauss ed altri (tutti senza riferimenti) senza contestualizzarli in tempo, spazio e società; nelle argomentazioni (ottima retorica) tradizione ed emotività sono preferiti a razionalismo e dati; fa largo uso di esempi ad hoc ma nella totale assenza di dati da studi specifici; non mette in discussione la tesi e non porta alcun esempio (presenti e considerati nei manuali di sociologia) contrario alla sua visione della questione. La tesi: la civiltà si fonda sul dispotismo della paura della morte (garanzia di ordine e ctrl sociale), detenuta da Dio e delegata alla giustizia umana e quindi al boia, ma la natura umana è troppo violenta e si esprime quindi anche in altri canali (guerra, follia omicida, arrivismo, profanazione, razzismo ecc). Le uniche riflessioni che vale la pena leggere sono le 7 10 e 11 (Civiltà, organizzazione e violenza, Guerra, Saccheggio).
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