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La partigiana in tailleur è la storia vera di Penelope “Lucia” Veronesi, insegnante al Collegio delle Orfanelle di San Luca e sempre ben vestita. Fra una lezione e l’altra, tuttavia, erano proprio gli abiti eleganti (cuciti dalla suocera che copiava la moda parigina) a farle da passepartout per un compito ancora più importante: la staffetta, in grado di superare agevolmente i controlli per la bella presenza e i modi gentili, e poi l’organizzatrice di diverse manifestazioni, per le quali incentivava in particolare la partecipazione femminile. Come l’autrice stessa ha sottolineato, trattandosi di un libro per ragazzi, occorreva un punto di vista più vicino per età: così, in fila per il cibo razionato, Penelope ritrova Anna, sua ex alunna, ora Cenerentola di una ricca famiglia fascista. La magia del libro sta nel riuscire a descrivere in un’ottantina di pagine il crescere del rapporto di fiducia tra le due, finché Anna capisce finalmente che “si può scegliere da che parte stare” e si unisce alla lotta. La brevità del volume è direttamente proporzionale alla sua densità: parole e immagini affrescano splendidamente la Bologna del 1945, grazie all’affetto che tanto l’autrice autoctona quanto l’illustratrice felsinea d’adozione dimostrano per la città. Non manca nulla: le due torri, i ragazzini che giocano nella pozzanghere enormi causate dalle bombe, i Figli della Lupa davanti a San Petronio, il ricordo di Irma Bandiera, la mappa del corteo, piazza dei Martiri con gli edifici distrutti, il monumento a Garibaldi e naturalmente uno scorcio di Porta Lame (Janna Carioli è stata una colonna portante del gruppo politico-musicale del Canzoniere delle Lame, che tra il 1967 e il 1987 tenne oltre mille concerti). A unire tutti i pezzi del puzzle è l’abilità compositiva di Federica Aglietti: testo e immagini interagiscono, si contrappongono, lottano e ci ricordano quanto dobbiamo a Lucia, a Mimma e a tutte le altre che “conoscevano i rischi che correvano, ma non si arrendevano.”
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