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Il volume intende correggere l'opinione diffusa secondo cui nell'epoca attuale i partiti politici sono in declino. L'autore si propone in primo luogo di relativizzare il "partito di massa", spesso identificato con il partito moderno tout court. Già il partito dei notabili, egli sostiene, è a tutti gli effetti un partito parlamentare; i partiti inglesi ottocenteschi e quelli americani non possono essere fatti rientrare nel modello europeo del partito di massa, ma sono comunque partiti. Non si tratta, secondo Massari, meramente di fazioni in lotta per il potere, perché hanno un presupposto tipicamente moderno, che è il pluralismo. Significativamente il partito viene definito da Burke come un insieme di uomini aventi l'obiettivo di promuovere l'interesse nazionale. Mentre in autori classici della politica come Platone, Hobbes e Rousseau il bene da preservare è l'unità della comunità, il partito moderno emerge in un contesto nel quale la differenziazione interna ha un valore positivo; nasce dall'incontro tra le istituzioni del liberalismo (la rappresentanza politica) e quelle della democrazia (la sovranità popolare). In tale contesto i partiti svolgono compiti istituzionali essenziali per il funzionamento della democrazia. Devono pertanto soddisfare alcune condizioni come la prevedibilità, la permanenza, la durata, ovvero devono essi stessi "istituzionalizzarsi". Nel corso della loro storia si sono trasformati: è calata drasticamente la membership, ma sono aumentati i poteri degli iscritti (con l'introduzione delle "primarie" per la scelta del leader); si sono ridotte le funzioni legate alla rappresentanza, ma sono cresciute quelle procedurali (i compiti istituzionali). Certamente, in conclusione, si assiste a un'erosione dei partiti quali "strutture politiche intermedie" tra società e istituzioni. Ma essi restano insostituibili come attori centrali delle democrazie.
Giovanni Borgognone
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