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Il partito politico americano e l'Europa
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Descrizione


La vita dei partiti politici americani è spesso apparsa in passato molto distante dai loro omologhi europei. Di recente tuttavia, a causa delle difficoltà che incontra il modello del partito operaio, soprattutto dopo la caduta dei regimi del socialismo reale, e della crisi della partecipazione politica, il partito 'all'americana' è tornato ad essere oggetto di attenzione da parte degli osservatori politici europei. In sostanza sono a confronto due posizioni: chi sostiene che un partito pragmatico, flessibile, anti-ideologico, con una composizione fluttuante e senza un progetto politico preciso, è più adatto a tradurre nella politica la varietà e la frantumazione della società attuale; chi invece obietta che il tramonto di una politica caratterizzata da partiti 'forti' avvantaggerebbe il dominio dei gruppi di pressione più potenti, soprattutto dei grandi enti economici. Questo libro fornisce utili strumenti analitici e informazioni su questo dibattito così vivace anche nella discussione politica in Italia.

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Dettagli

1991
6 novembre 1991
272 p.
9788807101472

Voce della critica


recensione di Biorcio, R., L'Indice 1992, n. 6

Nel nostro futuro è prevedibile (o desiderabile) una "americanizzazione" della vita politica? La questione, anche se non sempre adeguatamente esplicitata costituisce un importante punto di riferimento nel dibattito sulla crisi della forma-partito tradizionale e sulla progettazione di nuovi moduli di vita politica democratica. L'incidenza dei media nelle campagne elettorali e nella definizione dei temi e dei problemi politicamente rilevanti, il ruolo crescente delle personalità politiche rispetto ai partiti-apparato, la crisi della partecipazione di base alla vita di partito, il peso di "comitati d'affari", e di lobbies trasversali nel processo di decision making possono essere letti segni di una inevitabile omologazione della vita politica italiana a quella d'oltre Atlantico.
Il ripensamento critico dell'esperienza del "partito americano" e delle sue "letture" europee, proposto nel volume curato da Maurizio Vaudagna, rimette in discussione la contrapposizione (che risale a Weber) fra il tipo di partito americano pura macchina elettorale clientelare e senza principi da un lato, e il partito di massa europeo, organizzato e saldamente orientato da una ideologia. Questa visione del partito politico americano è stata condizionata dai classici lavori di Bryce e di Ostrogorsky, che ne fornirono un'immagine "plasmata dalla loro cultura politica elitaria europea, e dalla loro omogeneità culturale con gli esponenti della critica americana della democrazia di massa" (A. Testi). Anche se non è esistita, negli Stati Uniti, una struttura di 'cleavages' paragonabile a quella che ha dato origine ai sistemi di partito nei paesi dell'Europa occidentale, non sono mancati importanti scontri sociali e fratture politiche.
Molti conflitti (relativi a temi come l'alcolismo, la scuola, l'uso delle lingue, la difesa delle culture etniche) proponevano implicitamente una serie di valori che erano parte integrante dell'identità di partito.
Tre questioni affrontate nel volume appaiono di particolare rilevanza per la discussione politica attuale. In primo luogo la forte interdipendenza che esiste fra il modello di partito che si afferma in un paese e il quadro normativo-istituzionale esistente (la cosiddetta "struttura delle opportunità politiche"). Il contesto istituzionale degli Stati Uniti, del tutto peculiare nell'ambito delle società democratiche, è caratterizzato da 1) un governo di tipo presidenziale puro; 2) un sistema statuale federale; 3) un sistema elettorale maggioritario; 4) il ruolo importantissimo dei giudizi della Corte Suprema. Sono queste caratteristiche del contesto politico-istituzionale che rendono impossibile, secondo Pasquino, uno sviluppo dei partiti americano nel senso dei partiti di massa europei. Il quadro normativo-istituzionale americano, pone d'altra parte forti limiti alla loro attività partitica e apre possibili spazi di intervento per l'azione della società civile. I mutamenti recenti nelle forme della competizione presidenziale hanno messo in luce l'autonomia dello stesso candidato (che dispone di un personale apparato approntato per vincere le primarie) dalla stessa macchina elettorale di partito.
Un semplice indebolimento dei partiti europei, in assenza di contrappesi istituzionali autorevoli, può aprire la strada ad un dominio incontrastato delle lobbies, che integrano parti del ceto politico e gruppi di interesse privato.
Un altro problema cruciale del sistema politico americano è il suo carattere di "democrazia dimezzata", in cui il classico principio "un uomo, un voto" risulta clamorosamente violato, con la partecipazione elettorale che si è attestata negli ultimi decenni a livello del 50%. L'assenteismo di parte della popolazione americana (di regola, gli elettori a più basso reddito e meno istruiti), viene addebitato dagli studiosi a fattori legali (l'iscrizione obbligatoria), alla struttura del sistema partitico e all'apatia politica soggettiva degli elettori. Questa situazione non può essere considerata come permanente, ed addebitata alla "eccezionalità" dell'esperienza americana. Nel secolo scorso la partecipazione elettorale superava l'80%; in questo secolo ha conosciuto importanti variazioni (dal 49% del 1924 al 65% del 1960). La ricostruzione delle ragioni di queste variazioni permette una lettura in profondità delle logiche che governano la vita politica americana. L'introduzione di limitazioni legali al diritto di voto (registrazione individuale, test di alfabetizzazione, tasse elettorali) furono introdotte alla fine del secolo scorso, nel quadro di una campagna contro la corruzione ed il potere delle organizzazioni di partito. La concreta attuazione di queste riforme, sostenute da "moralizzatori" e da uomini di affari, ha portato alla quasi totale esclusione (specialmente nel sud) dei neri e della popolazione bianca povera dalla partecipazione al voto. Il sistema partitico americano è stato Cosi modellato dalle condizioni concrete di esercizio del diritto di voto. Con il crollo della partecipazione le richieste, le aspirazioni, i valori, i simboli di ampi strati della popolazione (neri, lavoratori urbani, agricoltori del sud) vennero sempre più ignorati dai partiti. "Gli strati inferiori vennero sempre più emarginati dalla cultura politica disegnata e ridisegnata nel corso del pubblico dibattito" (Fox Piven). Solo negli anni del New Deal (con la rivitalizzazione delle grandi organizzazioni urbane del partito democratico) e negli anni sessanta (con le mobilitazioni per i diritti civili e il ridimensionamento degli ostacoli legali) la partecipazione elettorale è risalita in modo significativo, a livelli paragonabili a quelli europei. L'atrofizzazione delle organizzazioni di partito, il venir meno dell'interazione "faccia a faccia" con l'elettore, sostituita dall'uso dei media hanno provocato una nuova esclusione di fatto dalla vita politica della metà meno ricca e istruita della popolazione.
Un altro tema di grande rilievo è quello della particolare "permeabilità" del sistema politico americano alle istanze e domande della società civile. Il peso e le forme che assume l'intervento delle grandi corporations da un lato; e il ruolo delle associazioni e dei gruppi di "interesse pubblico" dall'altro rivelano aspetti ambivalenti e contraddittori. Con l'istituzione dei Pac (Public Action Committee: forme di raccolta di fondi elettorali, sotto la direzione di un ristretto staff, si è cercato di rendere più trasparente il rapporto fra imprese e politica; essi però hanno finito per "arricchire l'arsenale degli strumenti politici in mano alle imprese, che così non sono più state costrette a lavorare dietro le quinte, a utilizzare la ristretta tattica della corruzione, a considerare le elezioni come un settore sottratto al loro intervento" (T. Lowi). I gruppi di interesse pubblico (le lobbies dei cittadini) cresciuti significativamente dopo gli anni sessanta, hanno riproposto diverse caratteristiche della tradizione riformista americana (pragmatismo, attenzione a battaglie concrete e vincibili, contestazione del potete delle grandi corporations in riferimento a specifici abusi). La loro azione politica appare oggi prevalentemente centrata sul tema dei Diritti del cittadino (relativi a problemi come la protezione della salute, dell'ambiente e delle esigenze dei consumatori), visti come dimensione del vivere sociale non negoziabile e non indennizzabile. La forza di queste esperienze è la loro capacità di presentarsi come "rappresentanza competente di interessi che sarebbe non solo ingiusti predeterminare, ma la cui trascuratezza inciderebbe negativamente sulla efficacia delle politiche pubbliche'' (L. Graziano). Il limite di questa esperienza è quello di riflettere pressoché esclusivamente valori e atteggiamenti e interessi propri della classe media "a dispetto del loro porsi come gruppi di interesse pubblico"

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La recensione di IBS

La vita dei partiti politici americani è spesso apparsa in passato molto distante dai loro omologhi europei. Di recente tuttavia, a causa delle difficoltà che incontra il modello del partito operaio, soprattutto dopo la caduta dei regimi del socialismo reale, e della crisi della partecipazione politica, il partito 'all'americana' è tornato ad essere oggetto di attenzione da parte degli osservatori politici europei. In sostanza sono a confronto due posizioni: chi sostiene che un partito pragmatico, flessibile, anti-ideologico, con una composizione fluttuante e senza un progetto politico preciso, è più adatto a tradurre nella politica la varietà e la frantumazione della società attuale; chi invece obietta che il tramonto di una politica caratterizzata da partiti 'forti' avvantaggerebbe il dominio dei gruppi di pressione più potenti, soprattutto dei grandi enti economici. Questo libro fornisce utili strumenti analitici e informazioni su questo dibattito così vivace anche nella discussione politica in Italia.

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