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Un libro che tratta momenti passati con un incredibile coinvolgimento ; consiglio da leggere.
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“Accade anche che un uomo possa sentire con angoscia e con violenza di appartenere a una mezza patria che uccide e che, proprio per la forza del male, capisca di essere come una zolla inestirpabile, attratto da un forzoso fatale legame, non per la catena dei beni e dei saperi trasmessi dalla vita, ma proprio per ciò che di più malefico esiste in quella terra ripudiata, ma amata.”
La divisione in due parti di Patrie smarrite indica, neppure tanto simbolicamente, la frattura dell’autore tra le due parti di sé, la doppia radice, la duplicità di culture che nella sua persona si giustappongono, senza mai fondersi. Seguiamo lo schema dell’opera: per prima è la Sicilia e Noto, le radici paterne, a essere protagoniste.
“Arrivavo all’inizio dell’estate appena finite le scuole. E ogni volta restavo come annichilito da quel che vedevo e sentivo.” Colori, suoni, luce: tutto qui è eccesso, non ci sono sfumature né nelle grida mattutine arabeggianti, nei “suoni delle parole” duri, scabrosi, né nella spietatezza del sole (“Tutto era bruciato, rosso, color della cenere, della sabbia, dell’argilla”), o nel profumo intenso che si diffonde nell’aria, nei sapori di cannella e chiodi di garofano.
E dalle emozioni personali, dall’incombere dei ricordi e dal turbamento di ritrovare pezzi smembrati dell’infanzia, prende avvio un lungo excursus storico: “Mentre vado alla ricerca delle storie di quella vecchia guerra mi domando se non è un’idea insensata, la mia. Se non è soltanto un pretesto letterario per appiccicare ai fatti del ’43 le vicende del passato e di questo presente, la ragione del sentirmi diviso tra il padre e la madre, tra quella patria dove sono nato, ugualmente attratto e respinto, con la sensazione, ogni volta, in un posto o nell’altro, di essere arrivato a casa, dopo un tormentato viaggio e la subitanea voglia di fuggire. Alla scoperta di altri luoghi, di altre radici.” Ma al lettore quel viaggio nel passato non appare di certo pretestuoso e anzi, ben più che un saggio storico, sa ricostruire atmosfere e tensioni di quel brandello di guerra, tragico ed epico, che ha in Sicilia il suo ben poco clamoroso (anche se sostanziale) epilogo.
Poi via via dalla guerra al dopoguerra, a quel travaglio che la Sicilia ha vissuto tra tensioni indipendentiste e mafia rigenerata dal sostegno americano, al banditismo (braccio armato della corruzione politica e della criminalità organizzata), fino al passato più recente e all’oggi, alla natura stessa dei siciliani ai loro vizi antichi e alle bellezze troppo a lungo abbandonate di case e monumenti.“
Con brusco scarto si passa alla seconda parte del libro, quella padana. Toni soffusi, dolcezza e torpore: queste le atmosfere che subito circondano il lettore. La grande casa di famiglia che l’autore, morti i genitori, decide di vuotare diventa la fonte, in ogni suo angolo, di ricordi e sensazioni antiche: “mi sento continuamente vittima delle imboscate della memoria” dichiara e, anche se “il tempo seleziona i ricordi”, ugualmente luoghi e oggetti rimandano a visi amati o noti e a fantasie lontane. “Per chi ci è nato il grande fiume può sembrare anche il paesaggio universale, un Oceano dell’immaginazione”, ma il fiume, nel suo tranquillo scorrere, ha anche assistito alla fascistizzazione di quella ricca provincia e alla conquista del potere di un suo illustre figlio: Farinacci. Attraverso la figura di questo protagonista del Ventennio, l’autore dà inizio all’altro approfondimento storico del libro, quello dedicato al periodo fascista. Ascesa, gloria, caduta di un uomo e di una dittatura: i contemporanei preferiscono non ricordare, i cremonesi si trincerano dietro ad amnesie collettive (l’unica testimone che parla di quegli anni e di quei giorni è Carla, a cui Stajano dedica alcune frasi cariche di simpatia).
La vena civile dell’autore si anima parlando dell’oggi e dei pericoli per la democrazia e la metà siciliana gli indica tutta la diversità tra sé e quella nuova mentalità padana, privatistica e miope.
La “lacerazione congenita” che queste patrie smarrite hanno provocato nel suo animo in realtà, a chi scrive, appare una ricchezza straordinaria, così come ricchezza è il duplicarsi di culture, il giustapporsi di civiltà.
A cura di Wuz.it
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