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Il caso ha voluto che avessi da poco letto "La lingua salvata" di Elias Canetti (1905/1994) in cui Zurigo e dintorni e` definito Paradiso... I racconti della Jaeggy (1940), che e` nata e ha vissuto a Zurigo molti anni della sua vita, ne danno un'immagine opposta, sconvolgente. I personaggi che si muovono in questi luoghi sono tetri, deliranti, ma al contempo schietti e rigorosi. Ricercano la fine con sacrifici, castighi vissuti in modo liberatorio. Personaggi vivi con la morte dentro. La scrittura della Jaeggy e` tagliente, secca, incisiva. E` paura o ricerca del cielo?
Recensioni
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scheda di Roat, F., L'Indice 1995, n. 6
A un lustro dalla comparsa del romanzo "I beati anni del castigo", incentrato sull'esperienza di un'istituzione rigida e chiusa quale poteva essere un collegio femminile in Svizzera nell'immediato dopoguerra, la Jaeggy propone una serie di brevi narrativi, calati ancora una volta negli scenari claustrofili d'una Confederazione Elvetica sin troppo algida e piccolo-borghese. Sono storie di figli non amati, sposi che convivono col rancore fra ipocrisie, angosce implosive e paura, ancor più che del cielo, di come la fragile trama dell'autocontrollo possa essere infranta dallo scatenarsi della distruttività. I rituali del perbenismo, contro l'imprevedibilità e l'inquietudine del vivere, possono opporre solo la discrezione come finzione, agita per esorcizzare la consapevolezza di quanto sia "facile avere pensieri violenti". La Jaeggy narra gli orrori del disamore senza patetismi, con una scrittura essenziale, paratattica, dai periodi brevi, contrassegnati di un'icasticità spoglia d'orpelli. L'individuazione di personaggi e ambienti, spesso centrata e risolta nella gemma di una frase, mediante accostamenti all'insegna d'un ossimoro traslato, alluso, sintattico, o attraverso un fraseggio metaforico felicemente risolto, conferma il raggiungimento di una maturità espressiva che si nutre insieme d'aristocratica sprezzatura, schivo riserbo e della giusta dose di ironia non disgiunta da una sottile pietas per i dolori narrati - seppur da cogliersi fra le righe -, la quale, stemperando certe crudezze descrittive, fa de "La paura del cielo" un libro audacemente compassionevole e feroce.
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