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Un testo teatrale con una bella prefazione dello studioso N.Valentini sulla grande figura di Pavel Florenskij chiamato il "Pascal russo" o "Leonardo da Vinci della Russia" perchè oltre che scienziato aveva una conoscenza strabiliante di tante discipline, nonchè a coltivare la fede in modo più che originale. La Prefazione inizia citando la definizione di Florenskij della memoria che "è la creazione nel tempo dei simboli dell'eternità", che ha come "punto di appoggio" il prossimo, gli altri, in una conoscenza che guarda in modo organico e unico ' indissolubile realtà, rintracciando "i legami vitali sussistenti tra ragione logico-scientifica e razionalità, tra ragione e fede, tra cultura e Vangelo, esperienza e rivelazione". Rimane il mistero sapienziale che va ricercato "dal di dentro" del mondo, evitando l'approssimazione, nel dono disinteressato che aumenta persecuzioni e sofferenze, nel compimento della croce come testimonianza. Da qui parte poi il testo teatrale che sembra far toccare al lettore ogni scena e parte, ben dosate dall'Autrice. Viene solleva la botola nella amara constatazione antropologica: "E' doloroso dirlo: noi Russi non siamo abituati alla libertà", poi la carrellata delle polizie segrete susseguitesi nel tempo con le loro secche sigle, tra cui primeggia il Kgb. Ripercorrendo il periodo post rivoluzionario - da Lenin, fino a Gorbacev ed El'tsin - carico di speranze, di delusioni, di brutalità ma anche di cambiamenti. Florenskij viene arrestato due volte, nonostante l'aiuto della moglie di Gor'kij, rimane tra le crudeli spire del Kgb e dei suoi complici. Nell'inferno disperante dei Gulag, Egli continua a coltivare la conoscenza, a sopportare le ingiustizie, a seguire e amare la moglie e i suoi 5 figli. L'8 dicembre 1937 viene fucilato; l'ultima lettera inviata alla moglie è del 4 giugno di quell'anno. Si è cercato allora di far dimenticare questa mente e questo spirito che invece ora è stato ben riscoperto per sua grande luce....
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