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Ranieri Polese individua una periodizzazione scandita in decenni riguardo alla rilevanza del bacio nei testi delle canzoni italiane. Tra il 1890 e il 1930 apparvero canzoni fortemente erotiche e sensuali nei café chantant e nei tabarin: sciantose dai nomi esotici turbavano i sogni lascivi dei viveurs esibendo peccaminosi piaceri proibiti. Con l’avvento del fascismo, la politica del regime impose un richiamo alla pubblica moralità e ai valori familiari: fu il tripudio di mamme, mogliettine fedeli, fidanzate timorose di Dio, amori casti e malinconici. Una sorta di controriforma, che dettò un canone di riferimento rimasto in vigore per i successivi quarant’anni: cieli stellati, chiari di luna, fedeltà eterne suggellate dal bacio trionfante (Un’ora sola ti vorrei, Venezia la luna e tu, Ti dirò…), in cui la fisicità veniva smaterializzata in una dissolvenza pudica. Nel 1951, con la nascita di Sanremo, arrivò il trionfo del sentimentalismo, nell’Italia della libertà ritrovata dopo la guerra, e con essa il sogno e la passione, l’abbandono e lo strazio. C’erano in effetti anche incursioni ironiche e trasgressive nelle parole di Fred Buscaglione e Renato Carosone, del primo Celentano, e di una giovane Mina ribelle. Si affacciava quindi l’era del pop, i primi juke-box e i gruppi beat, il filone dei testi impegnati, l’intensità dei cantautori e il divertimento balneare di Edoardo Vianello. Di baci si cantava ancora, ma lentamente labbra bocche e respiri cominciarono a cedere il passo alla sessualità più spinta, coerentemente con l’evolversi in senso libertario dei costumi: meno baci e più sesso, meno sentimento e più desiderio fisico. Il libro di Ranieri Polese ci fa ripercorrere un secolo di storia italiana attraverso le canzoni, che da sempre sono il leitmotiv delle coscienze e dei comportamenti individuali e sociali di una nazione: un modo intelligente e spiritoso di riflettere su quello che siamo stati e siamo diventati.
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