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Indice
Il Congrès international des écrivains pour la défense de la culture si svolse al Palais de la Mutualité di Parigi, fra il 21 e il 25 giugno 1935, con duecentotrenta delegati di trentotto paesi. Dieci furono in tutto le sedute, un centinaio gli interventi. Fra gli altri si ricordano quelli di Gide, Malraux, Aragon, Barbusse, Benda, Breton, Éluard, Babel', Brecht, Forster, Huxley, Heinrich Mann, Musil, Pasternak, Salvemini, Tzara. Nell'evento Sandra Teroni, studiosa di Sartre e Benda, individua una sorta di "apoteosi (...) dell'impegno politico degli intellettuali". Giorgio Caredda non esita a definire il congresso del '35 come "uno dei luoghi di costruzione e di diffusione del discorso antifascista europeo". Poiché però, anche a causa dell'occupazione nazista di Parigi, molti verbali sono andati dispersi, è al lavoro un'équipe, diretta dalla Teroni e da Wolfgang Klein, che facendo appello a varie fonti si ripropone di realizzare la prima edizione completa francese degli atti.
Le tematiche affrontate alla Mutualité dai vari partecipanti sono peraltro oggi ormai note. Per facilitarne però la comprensione, questo libro racchiude contributi di due tipi, quelli contestualizzanti, sul rapporto fra intellettuali e lotta politica in Francia, Urss e Germania (con interventi di Caredda, Wolikow, Flores), e quelli più specifici sui discorsi tenuti al congresso (l'intervento, ad esempio, di Collotti su Salvemini). Sebbene manchino riferimenti approfonditi a quella parte della classe intellettuale francese che, ponendosi all'estrema destra dello spettro politico, non volle partecipare al congresso (si pensi al microcosmo dellÆAction fran&çaise), prende forma in queste pagine un quadro complesso e variegato. Vi si sottolinea in primo luogo l'identificazione tra cultura e progressismo, o anche cultura e terreno dei valori, promossa al congresso in contrasto con il fascismo come espressione di barbarie. Sono inoltre molto ben analizzate le difficili relazioni del Pcf con il mondo della cultura e il suo coinvolgimento nell'evento solo come "presenza sotterranea". Peraltro, se il Pcf all'epoca non era ancora in grado di esercitare una qualche funzione catalizzante sull'universo intellettuale francese, nel paese di Stalin la presa del regime su artisti, studiosi e scrittori verso la metà degli anni trenta era al suo culmine. E quasi tutti i delegati sovietici si rivelarono semplici latori dell'ideologia del regime, con la lodevole eccezione di Pasternak e Babel', i quali, inviati in sostituzione di Gorkij, si dimostrarono decisamente meno ideologizzati rispetto allo stesso Aragon. Da parte loro, Gaetano Salvemini e Magdeleine Paz deplorarono l'azzeramento della libertà di parola in Urss, scatenando una dura polemica fra trockisti e stalinisti. Salvemini si pose fra l'altro in esplicita contrapposizione con Gide, il quale, nellÆAllocution d'ouverture, aveva condannato l'intera borghesia come nemica della libertà, laddove l'antifascista di Molfetta riconosceva certe differenze fra le diverse borghesie nazionali.
Non pochi furono del resto gli scontri, connessi ai rapporti fra gli scrittori (Breton schiaffeggiò Ehrenburg per aver ironizzato sui surrealisti), ma anche a divergenze relative al congresso e ai suoi contenuti. Un esempio: in quei giorni si mantenne lontano dall'assemblea Walter Benjamin, pur residente a Parigi. Benjamin, ostile a ogni genere di "logocrazia", assunse così una posizione polemica nei confronti dell'umanesimo militante di Heinrich Mann e altri. Ma critico verso l'impostazione dell'evento fu anche Bertolt Brecht, che vi prese parte essenzialmente per rimarcare l'importanza degli esseri umani al di là e al disopra della cultura. Furono poi memorabili i duelli di Julien Benda, l'autore della Trahison des clercs (1927), con Guéhenno, il quale vedeva nel comunismo lo sbocco inevitabile dell'umanesimo borghese progressivo, e con Nizan circa il rapporto fra intellettuali e difesa della libertà. Nell'insieme, dunque, il congresso fu lungi dall'esprimere una linea unitaria. Esso finì piuttosto per rappresentare, come osserva Teroni, un "microcosmo dei conflitti ideologici ed estetici che nel periodo dellÆentre-deux-guerres covavano a diversi livelli di istanze culturali e politiche, nazionali e internazionali", e per mettere in campo quella che Collotti definisce un'autentica "pluralità di voci". Ma le due linee dominanti emerse in quel lontano giugno possono essere ugualmente individuate con sicurezza: da un lato la rigidità ideologica e senza compromessi dei filosovietici, dall'altro il liberalismo militante promosso dalla maggioranza dei delegati, diretto ad agire sulle coscienze degli individui attraverso la cultura per instillarvi l'amore della libertà e il coraggio della rivolta.
Tra il 21 e il 25 giugno 1935 si tenne a Parigi il "Congrès international des écrivains pour la défense de la culture", promosso da un gruppo di scrittori francesi antifascisti di varie tendenze politiche con la collaborazione di scrittori tedeschi in esilio, oltre che di intellettuali sovietici. Vi parteciparono 230 delegati di 38 paesi, tra cui Aragon, Babel', Barbusse, Benda, E. Bloch, Brecht, Breton, Erenburg, Feuchtwanger, Forster, Gide, Huxley, Malraux, Klaus e Heinrich Mann, Mounier, Musil, Nizan, Pasternak, Romain Rolland, Salvemini, Anna Seghers, Tzara. Fu un evento di grande portata simbolica, anche per le divergenze e incomprensioni che ne segnarono i preparativi e lo svolgimento. Il presente volume raccoglie contributi di diversi studiosi sulle questioni più controverse del Congresso: la sua collocazione nella fase di gestazione del Fronte popolare, i rapporti con il movimento comunista internazionale e con il Partito comunista francese, gli atteggiamenti nei confronti dell'Unione Sovietica, il contributo degli esuli tedeschi e della stampa clandestina, le dinamiche interne, la varietà di voci e di stili, le retoriche, la ricezione sulla stampa francese del tempo. Ne nasce una nuova, più complessa lettura del Congresso che, approfondendone il contesto, tiene conto degli esiti e degli sviluppi successivi; una lettura fondata per la prima volta sulla conoscenza diretta di tutti i discorsi pronunciati dagli scrittori.
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