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Il titolo dato a questa raccolta di scritti esemplifica bene la concezione della politica e del ruolo del partito di un importante dirigente del Pci, di solito considerato un rappresentante della cosiddetta "ala dura" del partito. Gli interventi selezionati si riferiscono a un periodo cruciale, segnato da tensioni internazionali e da ricadute interne. Sono anni, questi, di ripiegamento e di isolamento, che Colombi trascorre alla guida della Federazione milanese, anni caratterizzati da sconfitte politiche - l'estromissione dal governo del 1947 e poi la disfatta elettorale del 18 aprile 1948 - nonché da una controffensiva padronale nei luoghi di lavoro. Ed è proprio in merito alla condotta che il partito deve assumere in questa fase che emergono i tratti del pensiero di Colombi, il quale ritiene necessario che il Pci reagisca agli attacchi subiti, rispondendo colpo su colpo alle "provocazioni del nemico" e intensificando la mobilitazione extraparlamentare, di fatto valutata più importante della dimensione politico-istituzionale. Ciò presuppone un ferreo controllo prima di tutto del partito, da ottenersi rafforzando l'organizzazione e la disciplina interne, messe a repentaglio negli ultimi anni dal forte aumento degli iscritti, così come dalla crescita delle organizzazioni di massa (sindacato in primis) e dallo stesso ingresso degli intellettuali. La strategia di Colombi, assimilabile a quella di altri dirigenti (Secchia, ma anche Longo), si discosta dalle linee di fondo della svolta di Salerno e delle tappe successive (partito nuovo, democrazia progressiva), determinando, pur in un quadro di complessiva accettazione della linea stessa, una ricezione problematica della proposta togliattiana e un'azione politica destinata a influenzare non poco l'azione del partito nel periodo considerato.
Claudio Rabaglino
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