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Anno edizione: 2020
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Condividiamo con il preparatissimo A. la necessità di “andare alla sostanza delle cose”: nel labirinto dei contratti pubblici, il problema è essenzialmente culturale e di costume sociale, nell’enfasi del principio di concorrenza, con la retorica dell’anticorruzione amministrativa, della “ostilità verso la discrezionalità della stazione appaltante e la paura di decidere è diventata la cifra del comportamento dei funzionari, stretti tra norme complicatissime, cultura del sospetto e crescenti responsabilità”. Il vizio di fondo è agglutinare le diverse discipline dei 3 settori (lavori,forniture, servizi), complicando formalismi nella proliferazione di contenziosi nella impostazione degli appalti non più di contabilità pubblica, nell’azione amministrativa (art.97 Cost.)ma della tutela della concorrenza in una competizione mercatista smarrendo la finalità. Mancano valutazioni politico-amministrativo-economiche, la discrezionalità (vedi anche la “ingegneria normativo-procedimentale”), una amministrazione più efficiente e rapida nonchè “tecnica”, pronta attuatrice di decisioni separate dall’indirizzo politico. Ma siamo in una spirale legislativa ove l’Anac è “molto attenta a cogliere nel procedimento di gara ogni possibile imperfezione” nella speciale disciplina italiana che unisce due funzioni: la vigilanza sugli appalti pubblici esercitata nei confronti di stazioni appaltanti e imprese appaltatrici; la prevenzione della corruzione. Ha ragione notando che “nella complessità della regolazione si può annidare il tentativo di favorire in modo illecito un concorrente. Nel labirinto delle regole potrebbe meglio nascondersi il tentativo di guidare la gara verso un certo risultato.Troppe leggi possono equivalere a nessuna legge”. Servono meno eccessi riformatori dei governi, promovendo l’efficacia dell’azione amministrativa, proteggendo i funzionari dai rischi erariali e penali, ma qui entra in ballo “il modo in cui la classe politica si è formata e si va formando”. Ottimo!
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