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La letteratura come elemento di resistenza, come coscienza politica. Un grido contro la violenza inflitta a tutte le Piccole donne rosse che hanno pagato per la loro forza, la loro bellezza e la loro audacia.
«Marta Sanz è una delle voci più coraggiose della letteratura spagnola contemporanea.» – Manuel Rodríguez Rivero, BABELIA
La giovane Paula Quiñones arriva nel paese di Azafrán, nella meseta spagnola, come volontaria per la localizzazione delle fosse comuni in cui i franchisti seppellivano i fucilati della Guerra civile. Dare un nome ai desaparecidos, ricucire storie interrotte, questo il compito per cui è venuta: «per ricordare e per dimenticarsi», dice lei, perché anche una ferita d’amore, una tristezza dell’animo, l’ha portata in questa terra che si va spopolando. Alloggia in un vecchio albergo, di proprietà di una famiglia numerosa sovra-stata da Jesús, un patriarca centenario, assistito amorevolmente dalla nuora Analía che tiene con lui un’ininterrotta comunicazione segreta. Analía ha un figlio, David, uomo attraente che la-vora in città, con cui Paula stringe una relazione sessuale. Perché Paula è una bella ragazza, inoltre ha una caratteristica che forse la rende una perversa attrazione: «la bella zoppa» l’hanno subito chiamata i vecchi al bar. Ed è David che incomincia a parlarle della sua complicata famiglia: nonno Jesús, barbiere ambulante in origine, è diventato un ricchissimo proprietario; il padre di David, un rozzo violento, ha un fratello, delicato musicista, e un altro fratello, maggiore, con cui sono in perenne litigio; il vecchio Jesús aveva una moglie… Così Paula è introdotta alle leggende e ai segreti di quella che appare la famiglia importante del luogo. In tal modo, da due versanti diversi – la storia del paese e le trame di una famiglia –, si riversano su Paula le usurpazioni, le violenze bestiali, le crudeltà, i fatti di «risentimento, guerra, ignoranza, povertà, isteria o odio collettivo». Chi si è arricchito? Chi ha violentato? Chi ha seminato calunnie? Chi è tuttora spia o complice? Paula non è una roccia, la sensibilità e gli affetti spesso prevalgono in lei sullo zelo dell’investigatrice. Così un destino che non è detto sia benigno sembra sospingerla. L’intricatissima storia, che conta cadaveri antichi ma anche di nuovi, è narrata da due voci diverse: l’una, di Paula; l’altra è il racconto oggettivo dell’amica, che a volte sembra rispondere, a volte vigilare su di lei.
«Un romanzo nero che prolunga le possibilità del romanzo politico», lo ha definito l’edizione originale spagnola. Nella storia di una famiglia si riflette infatti quella di un’epoca e di una nazione, e la realtà di un problema: il lascito della Guerra civile, lo scontro tra il ricordo e il culto accecato della tradizione. Mentre l’innocenza della protagonista si contrappone alla corporeità sanguigna, anche animale, del contesto, in cui il mistero e il senso di oppressione investono personaggi e situazioni, più che gli esiti.
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