Piccole patrie dimostra che, se si è esaurita la "bella stagione di politica culturale", citata da Lidia De Federicis in riferimento al fiorire di iniziative e studi in Puglia fra gli anni settanta e ottanta, non lo è l'impegno dei singoli studiosi nei confronti della realtà locale; studiosi che vivono e lavorano sui luoghi, o che vivono lontano ma non hanno rescisso il legame con la zona di origine. Salvatore Ritrovato appartiene a questo secondo gruppo; e il fatto di vivere altrove, e l'incessante moto pendolare fra l'altrove e le radici, conferisce a lui, come a tutti coloro che si sentono déraciné, una fisionomia e perfino un tipo di parola particolare, come se l'"altrove" ricevesse senso dalla presenza, nell'intelletto, nella sensibilità, del luogo di nascita e crescita, con tutto il peso che questo esercita sulla futura personalità. Quanto ciò sia vero lo si vede leggendo l'ultimo capitolo di Piccole patrie, dedicato alla memoria dello scomparso preside di liceo dell'autore. È scritto in forma di lettera personale, e vibra corde profonde quando richiama "anni dedicati ad assaggiare la vita con le parole", quando constata che "quello che manca oggi (
) non è una cultura della vita, ma una saggezza della morte", e quando attinge una sofferta visione globale dell'esistenza: "Mettere a frutto il tempo, quel che resta di ogni giorno, dissipato lo diceva Seneca in vane occupazioni, viaggi inutili, incontri sfortunati". Dei numerosi scritti qui collezionati, apparsi in periodici fra il 2000 e il 2010, in effetti restano impressi quelli appunto più radicati nel mondo emotivo dell'autore, che gli danno modo di sposare l'emozione indotta dalla vita e dal tempo alla sua passione intellettuale e razionalizzante (così i numerosi interventi per amici poeti del luogo). Ma sarebbe far torto allo studioso e docente di letteratura (a Urbino) che è Ritrovato trascurare il valore scientifico che il volume racchiude. Infatti, nel leggere, e nel godersi ciò che legge, e nello scriverne, Ritrovato va alla ricerca di una chiave, si impegna a individuare i referenti colti, puntella la propria esposizione con rimandi a scritti altrui, si sforza di fornire un'interpretazione (quand'anche possa suonare personale e opinabile all'orecchio del lettore); cioè, svolge il lavoro del critico, e non solo quello dell'amico cronista propenso all'elogio. A quest'ultimo proposito va messo in evidenza il corposo saggio di apertura, su uno studioso settecentesco, padre Michelangelo Manicone, di Vico del Gargano, un intellettuale illuminista in cui "si intrecciano lo sguardo dello scienziato e del geografo umanista e quello dell'uomo che viaggiò molto e si confrontò con altre realtà", descrittore impareggiabile di Gargano e Tavoliere nella sua Fisica appula, razionalista che anticipava l'editto di Saint Cloud sostenendo che "i morti non si devono seppellire tra i vivi", scrittore, infine, di cui Ritrovato studia la lingua e mette a fuoco e la qualità non asciuttamente arida: "La 'divisa' letteraria di un'opera scientifica che sia 'grave e fiorita' si riassume in 'dimostrazione, dolcezza e gentilezza', dove la prima convince, la seconda annuncia la verità con 'cuore dolce', e la terza accattiva il lettore". Cosma Siani
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