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1996
250 p.
9788880891376

Voce della critica


scheda di Vittori, M.V., L'Indice 1997, n. 1

Per il suo debutto Marco Lanzòl sceglie l'usurato, infido territorio del neorealismo romanesco: "du' cammere e cucina" in borgata, con vista sull'inferno, ovvero: palazzoni color ocra, prati rognosi, giardinetti sinistrati, l'immancabile "bàre", asfissia di traffico e respiri di un'umanità varia e variamente disturbata. Senonché Lanzòl prova a sollevare il pavimento di tali stanzucce, costellato di smozzicato romanesco, robusto intercalare coprolalico, o francamente osceno, e a incastrarvi, quasi per gioco, elementi di diversa provenienza: raffinatissime tessere di orditure musicali - si utilizzano Malipiero, Vivaldi e Bach -, quadrucci ex voto di riminescenze letterarie: dal Metastasio al Leopardi - e, perfino, qualche tesserina spuria di filastrocche infantili, di quelle usate per mandare a memoria i nomi delle Alpi e simili. Un altro tocco di eccentricità è dato dallo sconvolgimento della toponomastica romana, con vie intitolate a Tambroni e Gelli, asili inneggianti a Maria Pagliuca - nota seviziatrice di pargoli -, e dalla descrizione degli umani come se fossero in esposizione dal concessionario: "occhi di serie", "naso a basso cx". L'esperimento linguistico, anche se interessante, non sempre è ben risolto; veramente efficace risulta, invece, la rappresentazione degli "amori" di questi piccoli italiani: dodicenni e quattordicenni precocemente abituati al rapido, disamorato, indifferente consumo di sé e degli altri.

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