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Non è il primo libro sui bambini "martiri" e "assassini" di Allah che leggo e devo dire che dopo aver vissuto 21 anni in 5 paesi mussulmani e anche 2 anni a Gerusalemme, posso affermare che questo libro è un capolavoro di Carlo Panella, ma non è l'unico. L'autore è abituato a scrivere dicendo la verità!
Libro fazioso e in parte infondato. Gran parte delle tesi di Panella sono state smentite da indagini antropologiche serie e scrupolose. Seppur alcune argomentazioni possano trovare riscontro, bisognerebbe avere sotto mano un valido contraltare come "antidoto alle tesi che vorrebbero i bambini palestinesi mandati al massacro da genitori fanatici e disumani"(Hanan Ashrawi). Quindi leggetelo pure, ma poi chiudetelo ed andatevi a documentare più seriamente.
Recensioni
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La guerra santa, scrive Carlo Panella a proposito della questione israelo-palestinese, è "totalitaria", perché la Palestina per gli islamici è dar al harb, territorio di guerra. Lo scopo di questa analisi, chiusa da una ricca appendice documentaria, è appunto di far emergere come la società palestinese nella sua interezza sia intrisa d'una "teologia della morte", affermatasi una volta per tutte in seguito allo scisma religioso khomeinista, che in Palestina ricevette nell'aprile 1994 la sua prima sanzione con l'autobomba fatta esplodere dai fanatici di Hamas contro gli accordi Israele-Olp. L'approdo estremo del clima omicida che essa ha generato sulla scia dell'oppressione israeliana è testimoniato dal genere di educazione offerta nelle scuole, dove si trasmette ai bambini, all'ombra di un sistema di valori spesso antisemiti, una quasi sistematica esaltazione del martirio. Hamas, fra l'altro l'organizzazione più attiva nella "Jihad degli innocenti", prescrive che prima di immolarsi il martire prepari videocassette e fotografie da divulgare in concomitanza con i festeggiamenti per l'attentato. E Arafat? Egli "non si limita a organizzare e favorire l'Intifada dei martiri-suicidi", ma porta anche "il suo entusiastico contributo alla mistica del martirio". Malgrado qualche evidente forzatura, soprattutto dove l'autore dice che nemmeno il nazismo teorizzò tanto esplicitamente lo sterminio degli ebrei, il saggio illustra molto bene la tesi di fondo, secondo la quale, dalla setta medievale degli Assassini al moderno shaid-killer, il filo rosso nella storia del martirio terroristico islamico consisterebbe nell'eliminazione cruenta dei non omologabili in quanto tali, e non in una qualche lotta di liberazione.
Daniele Rocca
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