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Jonas ha trentotto anni, è un immigrato russo, ma vive in Francia da quando era molto piccolo; la sua famiglia si è smembrata a causa della Rivoluzione e lui non ha più saputo nulla dei genitori, delle numerose sorelle e del fratello. Emigrato così da Archangelsk, nella Russia profonda, e bene inseritosi nella vita francese e nel Vieux-Marché, già fondato nel 1596, Jonas (che tutti conoscono come il piccolo libraio) si è sposato con Gina nel piccolo paese, nella cui piazza principale, tre giorni alla settimana, si tiene un ampio e chiassoso mercato. Si è bene inserito nella vita francese e nel Vieux-Marché, ed è conosciuto ed apprezzato non solo dagli altri proprietari delle vicine bancarelle, ma anche da tutti i clienti che giornalmente lo visitano per comprare o scambiare libri. Non potendo però più resistere all’abbandono della moglie Gina (che tra l’altro è scappata con la sua preziosa collezione di francobolli, valutata 10 milioni) e allo scherno dei vicini di bancarella nella piazza del mercato, si suicida impiccandosi al ramo di un tiglio nel suo giardino. Resta la commozione e la tristezza per questa figura gentile e umana, pur di fronte ai più crudeli scherzi del destino. Anche se un po’ se l’è cercata, avendo sposato la Gina di cui si sapeva essere donna di facili costumi e prona ad avventure libertine. Simenon scrive un pezzo da antologia, intensamente lirico e profondamente umano.
Sulle spalle il peso enorme del pregiudizio e del sospetto, la credulità ingannata e duramente punita. Certe volte riporre belle speranze nel buon cuore delle persone è ancora peggio che sposare una poco di buono. Certe pretese è meglio non averle. Bello, ma triste. Ad ogni modo è sempre il momento giusto per aprire un Simenon.
Leggo nelle recensioni che mi hanno preceduto che per molti lettori questo romanzo di Simenon risulta tra i preferiti e io mi associo senza alcun dubbio. Nasce una identificazione immediata nel personaggio del libraio Jonas e Simenon è magistrale nello stringerla pagina dopo pagina nell'angoscia più profonda sia del protagonista che del lettore. Consiglio di prendersi una serata libera e di leggere questo romanzo tutto in una volta, per apprezzare al meglio l'abilità unica con la quale Simenon riesce a creare il coinvolgimento e il piacere nella/della lettura .
Recensioni
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Scritto nell'aprile del 1956, Il piccolo libraio di Archangelsk apparve alla stampa alla fine dello stesso anno. Per molto tempo Simenon accarezzò l'idea che Charles Aznavour (indimenticabile protagonista nei Fantasmi del cappellaio di Chabrol) potesse interpretare il ruolo del protagonista, ma il film non si fece mai.
La storia, come spesso accade nei romanzi di Simenon, è universale e atemporale, anche se l'autore l'ambienta nel 1956 in una cittadina nel centro della Francia, Berry. Due i personaggi principali: Jonathan Milk, quarant'anni, libraio e filatelico francese d'origine russa, e sua moglie, la seducente Gina Palestri, ventiquattrenne figlia della fruttivendola italiana. Per tutti i commercianti della place du Vieux-Marché il proprietario della piccola libreria d'occasione era sempre stato semplicemente il "signor Jonas": nessuno gli aveva mai dato del tu anche se era cresciuto lì, sulla piazza, era andato a scuola con loro e, dopo aver frequentato un buon liceo a Parigi, era tornato a vivere in quella piazza in cui tutti lo conoscevano e in cui lui si sentiva a casa. Era un mondo in cui si era fatto una sua cuccia e in cui aveva deciso, incurante del vociare fitto fitto al mercato, di portarsi dentro Gina, le sue anche e la sua pessima reputazione. Le aveva sempre perdonato tutto: il suo disordine, la sua svogliatezza e i suoi tradimenti. E adesso le perdonava anche di essersi dileguata nel nulla, una notte, sottraendogli l'unica cosa preziosa che lui possedesse: i suoi "mostri", i rarissimi esemplari di francobolli. Dopo la sua partenza i vicini e i clienti avevano cominciato a inquietarsi e il vociare si era fatto più fitto; ancor di più dopo che Jonas, preso da una sorta di vertigine, aveva cominciato a mentire e accampare ogni sorta di scuse per giustificare l'assenza della moglie. Perché mentire? Presto tutti, in place du Vieux-Marché avevano cominciato a sospettare che fosse stato lui, il piccolo ebreo arrivato da una cittadina russa, a farla sparire. In fondo Jonas era il colpevole ideale, non solo perché la sua naturale debolezza lo lasciava sempre senza difese di fronte alle insinuazioni della gente, ma anche perché, nonostante tutto, lui, per loro, non aveva mai smesso d'essere "lo straniero". Anche quando un testimone gli aveva portato le prove della fuga della moglie con l'amante, invece di utilizzarle per discolparsi e proclamare la sua innocenza, il piccolo libraio di Archangelsk si era rassegnato e aveva taciuto. Perché? Se aveva sentito così tanto il bisogno di proteggere Gina, non era forse perché, in fondo, si sentiva colpevole nei suoi confronti?
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