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Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler
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Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler - Massimiliano Parente - copertina
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più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler

Descrizione


Più pop di Andy Warhol, più eccentrico di Salvador Dalí, più geniale di Marcel Duchamp.

«Feroce, esilarante, iconoclasta»Aldo Grasso, Corriere della Sera

"A un certo punto credevo che non sarei mai diventato un artista. Né potevo fare come Hitler e ripiegare diventando un grande dittatore, certe occasioni capitano una volta sola: oggi l'idea di entrare in una birreria e fare un Putsch sembra davvero una cosa dell'altro mondo, e perfino all'epoca Hitler ci si era trovato, come Thelma e Louise si erano trovate a essere due assassine, perché Hitler voleva fare l'artista."

Max Fontana, "il più grande artista del mondo" secondo il parere di alcuni critici, giunge al successo per puro caso, a quarant’anni, con un gesto casuale, proprio il giorno in cui aveva deciso di suicidarsi sentendosi un fallito. Da quel momento prende vita la sua metamorfosi: capelli verdi dal taglio hitleriano, cappotto stile nazi, Nike Shox ai piedi, non c’è colpo che non vada a segno. Inavvicinabile come una rockstar, capriccioso come una diva di Hollywood, spiazzante e provocatorio per il semplice gusto di esserlo, arriva perfino a indicare in Adolf Hitler un modello artistico da ammirare. Nella sua nuova esistenza da cinica pop star conserva, però, anche un lato tenero: la piccola Martina, una compagna di vita che, non potendo parlare, comunica usando il linguaggio dei segni. Ma Max Fontana è veramente questo genio formidabile? O è solo un abile truffatore? O addirittura un killer? E soprattutto: perché è scomparso? Sì, perché dopo le sue sensazionali performance tra Roma e Parigi, New York e Las Vegas, e dopo essersi preso gioco di colleghi, critici, galleristi e giornalisti, qualcosa è andato storto, e lui è stato costretto, suo malgrado, a indossare i panni del fuggitivo. Braccato da mezzo mondo, ha dovuto lanciarsi in una fuga sempre più incalzante, disperata e piena di poesia. Fino al capolinea, naturalmente da artista. Anzi, da più grande artista del mondo.
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Dettagli

2018
17 ottobre 2018
432 p., Brossura
9788809872844

Valutazioni e recensioni

3/5
Recensioni: 3/5
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Tiziano
Recensioni: 1/5

La delusione di dover lasciare a metà un libro che fa dell'inutile narrazione una cifra stilistica. All'inizio il gioco è divertente. L'idea di mostrare il punto di vista di un artista spregiudicato nel rendere "arte" ogni provocazione è accattivante. Ma a lungo andare stanca. Ci si chiede se davvero si debba spendere il proprio tempo dietro alle debolezze di un protagonista così. La mia risposta è stata no. Da evitare.

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Marco
Recensioni: 4/5

Romanzo originale, a tratti geniale. Presa in giro del mondo dell'arte contemporanea, trattata sempre con grande competenza. Non è un libro "sull'arte", ma se uno sa di cosa si parla ha la possibilità di cogliere tutte le sfumature. Lo consiglio sicuramente. L'approccio però deve essere aperto. Bisogna accettare gli eccessi, che secondo me ci sono, per potersi godere un libro che si stacca, nel bene e nel male, dalla media della narrativa contemporanea.

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Alessandro
Recensioni: 2/5

Il romanzo si divide in tre parti. Le prime due molto piacevoli, all'insegna di un politicamente scorretto pungente ed esilarante. La parte conclusiva demolisce completamente il tono accattivante del resto del racconto, sfociando in un finale scontato e decisamente inappagante.

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Voce della critica

Se utilizzassi l’aggettivo «dissacrante» per classificare Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler (432 pagine, 10 euro) di Massimiliano Parente, edito da Giunti nei tascabili Le Chiocciole, non sarei molto lontano dal vero, senza essere per questo originale. Il suo stile, infatti, è pungente e senza freni inibitori, il politicamente corretto è bandito, la prosa è pragmatica, cinica, nichilista, con punte di ironia e di vero e proprio humor che strappano più di un sorriso, ricordando a più riprese John Niven. Non credo sia una novità ribadirlo.

Però, al di là della trama in sé – le fantasmagoriche avventure di Max Fontana, artista planetario, dal talento provocatorio che, come un novello dandy del XXI secolo, trasforma la sua stessa vita in un’opera d’arte – colpiscono alcune analisi le quali, se isolate dal contesto, permettono di approfondire parecchi schemi mentali e di rivedere numerose certezze, dietro le quali si nascondono le nostre ipocrisie, le nostre grettezze, il nostro essere, in effetti, degli ignoti sfigati senza personalità. Partiamo dall’Arte. Sebbene il protagonista sia un artista, il più grande artista del mondo come ama definirsi, le considerazioni sulla produzione artistica in generale sono a dir poco feroci. Come recitava una pubblicità di successo di qualche anno fa, l’arte altro non è se il prodotto di «alcuni vi$ionari»: gli artisti, compresi gli immortali come Raffaello, Gauguin e Picasso, i critici con le loro bizzarre interpretazioni, le stesse opere d’arte, con quelle semantiche astratte prive di un reale significato, tutto questo caravan-serraglio viene messo alla berlina, privato di ogni autenticità, ridotto a ciò che davvero rischia di essere, un insieme vuoto di oggetti e parole cui si attribuisce un valore che invece non c’è.

Max Fontana questo lo dice benissimo: tutta le sue installazioni, piene di svastiche e di tutto l’armamentario folcloristico nazista, si riduce ad una banale provocazione che acchiappa sempre. Non perché le sue idee abbiano davvero un valore intrinseco, ma perché la massa, in genere, è beota, si scandalizza e si entusiasma a comando. Fontana potrebbe essere tranquillamente l’alter ego di Parente che denuncia le nostre finte indignazioni, le nostre false ammirazioni, il nostro attaccamento a valori di cui, in realtà, non ci frega poi nulla. Ma siccome tutti lo fanno, lo facciamo anche noi. L’arte sublima questa assenza, questa mediocrità. Stessa sorte subisce la religione considerata un primitivo insieme di simboli per cercare un ordine dentro un universo dominato dal caos in cui non esiste un dopo, ma solo un presente di esistenze dozzinali e insignificanti destinate a perdersi nell’oblio dei tempi. Sentirselo dire è dura, ma ci costringe a riflettere. Se alcune pagine vanno prese in tutta la loro leggerezza e inconsistenza, scritte più per indignare che per dire qualcosa, altre, invece, sono come due dita negli occhi: fanno male perché sotto sotto raccontano la verità.

Recensione di Alessandro Orofino

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Conosci l'autore

Massimiliano Parente

1970, Grosseto

Massimiliano Parente è nato a Grosseto nel 1970 e vive a Roma. Ha pubblicato i romanzi: Incantata o no che fosse (ES 1998), Mamma (Castelvecchi 2000), La macinatrice (Pequod 2005), Contronatura (Bompiani 2008), La casta dei radical chic (Newton&Compton 2010) e Parente di Vasco (La Nave di teseo 2018). Scrive per “Il Giornale”. L'inumano esce per Mondadori nel 2012.

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