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Visionario o visivo? Pazzo o perseguitato? Poeta sperimentale o poeta puro? Poeta vate o poeta maudit? Poeta grande o poeta mediocre? Sono alcune delle domande intorno a cui l'universo delle patrie lettere si è interrogato a proposito di Dino Campana. Certo un poeta irriducibile alle etichette poeta raro come un apparire di cometa (di Halley) uno dei più grandi – ancorché discussi – del nostro Novecento.
Sebastiano Vassalli lo ha scritto nella sua biografia La notte della cometa pubblicata da Einaudi nell'84 (un'opera che a partire da una recensione di Remo Ceserani apparsa sul secondo numero del neonato "Indice" scatenò una non sterile guerra di posizioni critiche). Lo ha ribadito nell'introduzione al volume delle Opere pubblicato con Carlo Fini nell'89 per la Tea. Lo riafferma ora nel volume uscito a sua cura per la Bur che comprende i Canti Orfici Poesie sparse il Canto proletario italo-francese e anche una scelta di Lettere (1910-1931).
è un volume questo che serve a fare il punto sulla situazione dopo le sette biografie poetiche (e di poeti) che Vassalli ha pubblicato da Einaudi con il titolo Amore lontano dove Campana non c'è ma (da Leopardi a Rimbaud) è davvero come se ci fosse. Irriducibile alla società letteraria che lo respinge alla famiglia che lo vorrebbe perbene al paese che lo schernisce agli psichiatri (Pariani in testa) che lo tormentano alla stessa poesia da cui – dopo l'eccezionalità degli Orfici – si sente abbandonato. è lo stesso Campana a protestare disarmato: "Mi volevano matto per forza".
è anche un volume questo che risponde a distanza alla diversa edizione dei Canti Orfici e altre poesie che Renato Martinoni ha curato e pubblicato da Einaudi nel 2003. Da un lato l'interpretazione di una "follia" di fatto congenita dall'altro l'interpretazione di una "follia" indotta. Tanto Martinoni si applica accademicamente al ripasso delle interpretazioni critiche e dei rimandi intertestuali (resta in ogni caso che il suo meglio sta nell'introduzione e nelle note) quanto Vassalli tende invece a liberarsene con un'alzata di spalle e con qualche disdegno. Tanto Martinoni nella sezione dedicata alla Biografia di Dino Campana dissimula l'importanza dell'ambiente della famiglia della società letteraria quanto invece Vassalli si concentra a documentarne l'incidenza e la virulenza.
Nell'introduzione al volume e ai testi nelle note e negli apparati Vassalli conferma di fatto (e anzi sostiene con nuovi argomenti) la sua posizione che mira a ricondurre Campana in termini di "verità" o di "veridicità" contro le tante leggende (quelle che chiama esplicito "balle") inventate dagli interpreti e dallo stesso poeta in cerca d'autodifesa (viaggi impossibili prigioni millantate mestieri usurpati malattie di copertura che provengono da un quadro di evidente perbenismo come nel caso della sifilide negata). Un volume anche aspro ma un volume che – ed è ciò che più conta – restituisce un uomo alla sua poesia: "L'opera di Dino Campana è la scrittura della sua vita in senso letterale e anche nel significato etimologico: è la sua biografia. Tutto ciò che ci fu nella vita c'è nell'opera".
Nei Canti Orfici Vassalli individua il titolo più vitale della poesia italiana del Novecento e nella vita di Campana le stigmate di un conflitto irriducibile: da un lato le nascenti avanguardie; dall'altro la società letteraria "con le sue gerarchie i suoi rituali i suoi luoghi consacrati le sue regole" che ai tempi di Campana erano soprattutto Firenze e il caffè delle Giubbe Rosse dove si riunivano i letterati fiorentini legati a riviste di grido come "Lacerba" e "La Voce".
Agisce qui un'antica diffidenza di Vassalli per le cricche le combriccole le conventicole le congreghe i gruppi solidali i rituali di un gregarietà che la societas letteraria coltiva con la pretesa di dettare i canoni inderogabili o le classifiche del valore. Le stesse considerazioni che risultano raccolte nell'aureo libretto epistolare Belle lettere messo insieme per Einaudi con Attilio Lolini nel '91: "Dunque io penso che la poesia non è mai ‘contemporanea' di qualcuno o di qualcosa (A) per il semplice motivo che la poesia non esiste (B). La poesia è fatta della sostanza stessa di cui sono fatti i miracoli: ci sono perché non possono esserci".
Un'edizione importante questa di Vassalli per molte ragioni. Perché ricostruisce la vita del poeta di Marradi fuori da ogni leggenda che ha finito per oscurarne il senso. Episodi dilatati fatti inventati sulla base di un esile filo di verosimiglianza documenti trascurati letture ipocrite. Vassalli non esita a farsi dei nemici perché parla chiaro (la sua lettura di Marradi come di un luogo di notabilato ostile esclude ogni veduta da cartolina turistica) ricostruisce i percorsi difficili di un uomo non "storicizzato in vita" integrando a volte con supposizioni sue di cui specifica la natura "romanzata". Del resto era proprio questo il punto fondamentale del dibattito innescato a suo tempo da Ceserani.
Il Campana di Vassalli è un poeta contro. Non premeditatamente ideologicamente metodicamente contro. Ma contro per destino contro per necessità contro per gratuità. Contro l'incomprensione della famiglia contro lo scherno dei compaesani contro l'indifferenza dei letterati di successo contro la sfortuna che spesso lo perseguita contro l'insipienza della "vita non romanzata" dello psichiatra Carlo Pariani. Con non piccolo investimento anche personale Vassalli ci dice che la vita vissuta da Campana nel suo tempo è ricca di un valore permanente: "La poesia è come allora come sempre: un mercato dove tutti trafficano una merce che non c'è e che se per caso ci fosse si dovrebbe buttare: perché il mercato del nulla possa continuare ad esistere". Non così agevole dargli torto.
Giovanni Tesio
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