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Anno edizione: 2017
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«Le streghe hanno carne hanno seno hanno gambe hanno ventre, hanno cosce, di giorni vi danno i bacetti di notte le angosce. Le streghe hanno bocche. Le streghe hanno denti. Tra poco cominciano i vostri tormenti». Nel 1969 l’autore de Il deserto dei Tartari pubblicò il primo graphic novel della letteratura italiana. Poema a Fumetti di Dino Buzzati mi ha spiazzato e sorpreso piacevolmente, l’autore rileggendo il mito classico di Orfeo che scende nel regno dei morti per riportare in vita l’amata Euridice, fa compiere questo viaggio dantesco ad Orfi, cantore dell’animo umano, per riportare in vita, nella terra dei vivi la sua bella Eura. «Vieni, ti dico, dobbiamo fare presto. Presto che cosa? La porta che tu dici non esiste e anche se esistesse, come puoi farmi passare? Io sono Orfi, lo dimentichi? Con le mie canzoni...con le mie canzoni sono arrivato fino a te, adesso canterò la storia più bella, canterò l’amore che qui non avete». Graphic novel che ebbe non pochi problemi prima di essere pubblicata, l’idea di realizzare un romanzo a fumetti appare già in una lettera del 1965 che Buzzati scrisse a Vittorio Sereni, che era il direttore editoriale di Mondadori al tempo, che però non ebbe i risultati sperati. Così Buzzati affidò il manoscritto alla moglie, Almerina Antoniazzi, che credendo nel progetto editoriale insistette con la casa editrice affinché venisse pubblicato. Nel 1969 vide la luce, ma con un titolo meno cupo da quello originale che doveva essere La cara morte. In Poema a fumetti troviamo un po’ la summa di tutte gli elementi buzzatiani, come l’eterno conflitto tra vita e morte, le speranze e le disillusioni, le trasgressioni e le passioni – tutta la graphic è condita di tavole ed elementi molto diretti e spinti, altro motivò che ne rallentò la pubblicazione –, oltre che di incubi che abitano l’animo umano.
Angosciante.... Per quanto semplice per quanto allegorico dei mali del mondo.
È un viaggio inaspettato, una rivisitazione di un mito tanto noto e tanto caro per quella sua indefinibile - e paradossale - immortalità, è un viaggio sensoriale in cui si è avvolti e da cui si è avvinti. Per Buzzati era un progetto difficile da spiegare, tanto più che ai suoi occhi nulla era tanto naturale quanto il connubio arte e parola, proprio il tratto che sapeva sarebbe stato difficile da accettare per i suoi contemporanei: in questa atmosfera fiabesca, in questa ambientazione miticizzata, fra questi personaggi un po' indefiniti, un po' bulgakoviani, in questo vorticoso oltretomba, beh, accade qualcosa di naturalissimo e sorprendente ad un tempo. Ci troviamo dinnanzi ad un inferno in cui si realizza la peggiore delle condanne: l'assenza di paura, di verità del sentimento, di angoscia desiderata ma ormai irraggiungibile. Un inferno in cui non ci sono emozioni, solo sbadigli, nessuna tortura voluta da un essere superiore, solo tanta amarezza per l'impossibilità di voltarsi e tornare indietro.
Recensioni
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Poema a fumetti è la rivisitazione del mito della discesa nell’Ade di Orfeo alla ricerca di Euridice, trasformato da Guido Buzzati in una storia ambientata nel mondo (pur sempre onirico) contemporaneo. Questa è la semplice premessa di un capolavoro assoluto della graphic novel italiana e mondiale. Un libro precursore dei tempi eppure fortemente radicato nella cultura dell’epoca (la prima pubblicazione risale al 1969), con una gestazione piuttosto lunga e una storia editoriale travagliata. Ricco di riferimenti artistici e letterari e allo stesso tempo di innovazioni che lasceranno un forte segno nel mondo del fumetto, un libro che creò scandalo ed imbarazzo non appena uscì in libreria.
Ma partiamo con ordine: la storia prende spunto dal mito di Orfeo ed Euridice. I protagonisti sono trasformati da Buzzati in chiave moderna e diventano Orfi - cantautore di cui tutte le ragazze si innamorano - ed Eura - l’unica ragazza che il protagonista desidera. Orfi è costretto a seguire la sua metà nell’aldilà così come Orfeo aveva ricercato Euridice nelle profondità dell’Ade, e, come Orfeo, anche il nostro protagonista perderà la sua amata alla fine del viaggio.
La storia è però solo un pretesto per mettere in scena uno dei temi più cari del Buzzati scrittore: l’importanza della morte, atta ad assaporare a pieno la vita. Questo pensiero si manifesta negli splendidi disegni che immortalano il cantautore suonare le bellezze della vita, che, per chi non ha più morte da desiderare, sono solo sogni lontani e irraggiungibili. È come se Buzzati ci dicesse che tutto ciò che apprezziamo lo apprezziamo solo perché abbiamo la coscienza di dover morire. Come non dargli ragione.
E a un tratto la vede. Orfi, Orfi… Dio mio cos’è successo?
Sono qui, sono venuto a prenderti.
A prendermi? Ma se tu sei arrivato qui, vuol dire che anche tu…
No, non sono morto. Sono venuto a prenderti.
Le tavole sono zeppe di riferimenti artistici contemporanei e non, in un continuo gioco di rimandi nel quale, volendo, ci si può perdere all’infinito. Richiami a Salvador Dalì o a Federico Fellini, ad Achille Beltrami o a Caspar David Friedrich; tavole ricopiate da giornaletti erotici (uno dei motivi per cui il libro fece scandalo), o dai giornali di gossip; accenni all’arte pop, ai dischi dei Beatles e allo stesso tempo vedute metafisiche. L’approccio di Buzzati è vergine, in senso puro: si riconosce la sincerità nella composizione delle tavole, negli accostamenti dei colori e nella complessità delle citazioni.
Il tratto si fa a volte morbido e a volte duro, a volte quieto e a volte “schizofrenico”. Si passa da rappresentazioni dalla forte carica erotica a paesaggi funerei, da tavole impressioniste a tavole cubiste. Ci sarebbe da perdersi all'infinito in questo inchiostro di pagine.
Recensione di Eros Colombo
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