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Stefan George impersona per un verso l'artista isolato nella sua torre d'avorio, il poeta che lavora sulla parola, sulla sonorità, sulla densità semantica, nell'intento di creare una lingua pura, distinta da quella quotidiana. Per altro verso George è il poeta che vuole indicare quei valori per i quali vale la pena vivere e lottare. L'arte pura appare così meno pura, lasciando aperto il problema del rapporto tra queste due figure: l'esteta deve farsi anche guida di una trasformazione spirituale. Proprio l'amore è il medio in questa relazione problematica. Risulta quindi interessante l'indagine proposta da Margherita Versari sulle strategie del discorso amoroso che costituiscono l'ordito di tanti versi di George. In effetti le sue poesie esplicitamente d'amore non sono numerose, tuttavia il discorso amoroso appare ripetutamente, in una "molteplicità di espressioni affettive - spesso congiunte a una riflessione meta-amorosa". Di fatto George, come dimostra l'aderente analisi testuale, nasconde il discorso amoroso esplicito con artifici retorici e tecniche di spersonalizzazione, col ricorso a un linguaggio calcolatissimo che evita ogni immediatezza comunicativa. Ma proprio nella non immediatezza di una parola ricercata, che pone in primo piano il procedimento poetico e la passione che (quasi paradossalmente) lo sostiene, viene articolato un discorso amoroso di grande forza. Così da una dimensione essenzialmente poetologica, attraverso la sua funzione "liturgico"-religiosa e infine nella sua valenza formativa, l'amore si mostra forza costitutiva di una poesia apparentemente impersonale e scevra da sentimenti.
Paolo Euron
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