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Anno edizione: 2018
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Un poeta Char che amo tantissimo. La sua parola è inconfondibile. I suoi libri sono stati a lungo introvabili, ora tornano anche nella collana bianca Einaudi ed è una buona occasione per i giovani di leggerlo.
Ma perché nell’indice non si specifica da quale raccolta proviene la poesia scelta ? ....!
Nell’approfondita prefazione al volume einaudiano da poco pubblicato, Elisa Donzelli mette sapientemente in rilievo l’impegno e la passione di due suoi traduttori d’eccellenza, Vittorio Sereni e Giorgio Caproni, quasi in competizione tra di loro nell’affiancare emotivamente e intellettualmente la vita e l’opera del poeta francese. Appunto l’impegnativo lavoro di Caproni viene oggi riproposto da Einaudi, corredato da un esaustivo apparato critico-filologico della curatrice sulle varianti concordate tra autore e traduttore (“Monsieur Caproni, prenda questo rischio!”, “Mi consigli, per cortesia!”), e da alcune notazioni riguardanti l’influenza esercitata da Char sulla scrittura caproniana. La produzione del poeta francese prese l’avvio negli anni bellici, con un’adesione iniziale al surrealismo, per poi subito rendersi autonoma nei temi (l’ambiente campestre e contadino, gli animali, i ricordi dell’infanzia, la donna, l’impegno politico) e nei toni ‒ concisi e fieramente intensi ‒ dei versi, delle prose, degli aforismi. Poeta non solo civile, ma anche dell’amore, fu straodinario cantore dell’eros: “Tu sei il presente che s’accumula”, “Amor mio, poca importa ch’io sia nato: tu diventi visibile nel posto dov’io sparisco”. Ma Char era anche poeta che continuamente rifletteva sul fondamento e la missione della poesia: “La poesia è ad un tempo parola e provocazione silenziosa, disperata, del nostro essere-esigente per l’avvento di una realtà che non avrà rivali”. Questa fiducia in un futuro di riscatto, tutto da costruire, era in Char alimento e sprone all’impegno, alla lotta a fianco degli sfruttati e dei perseguitati: sapeva che se il momento è buio, è proprio all’oscurità che ci si deve opporre: “Siamo, oggi, più vicini al disastro che non la stessa campana a martello, quindi è più che mai tempo di farci, della calamità, una salute. Dovesse essa aver l’arrogante apparenza del miracolo”.
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