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Anno edizione: 2021
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Un'inchiesta tanto avvincente quanto angosciante
Il 9 maggio 1997 Marta Russo viene uccisa da un colpo di pistola in un vialetto della città universitaria di Roma. La scena del crimine è particolarmente complessa perché su quel vialetto si affacciano più di cento finestre e passano ogni giorno moltissime persone. L'arma del delitto non si trova, il movente è inspiegabile e l'attenzione mediatica è senza precedenti. Inizialmente i sospetti si concentrano su un bagno al piano terra accanto al magazzino della ditta di pulizie. I dipendenti lo chiamano «il deposito delle munizioni», hanno il porto d'armi e sparano al poligono. Il caso sembra chiuso, quando la scientifica scopre una particella di polvere da sparo sul davanzale dell'aula 6, al primo piano di un edificio arancione. Questo granello di polvere, insieme ad alcune testimonianze contraddittorie, porta alla condanna di due assistenti universitari, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, nonostante non conoscessero la vittima e non avessero un movente per ucciderla. La perizia della scientifica però è sbagliata: il granello di polvere non è con certezza un residuo di sparo, potrebbe essere quello dei freni di una vecchia Panda. Sono passati più di vent'anni e questo caso suscita ancora tante domande, come ha confermato il successo della serie audio da cui il libro è tratto. Chiara Lalli e Cecilia Sala hanno parlato con i protagonisti di questa storia, con i due condannati e con i loro accusatori. Hanno cercato negli archivi i documenti e le registrazioni dell'epoca, hanno analizzato i risultati della perizia con degli esperti. Hanno ricostruito le indagini e il processo, per vedere se tutto tornava. Il risultato è un'inchiesta tanto avvincente quanto angosciante. Ai dubbi specifici, molti dei quali rimangono senza risposta, si aggiunge la più spaventosa delle domande: se il caso Marta Russo fosse un errore giudiziario? Se un giorno fossimo noi a trovarci «schiacciati da una macchina inadeguata e incapace di correggersi»?Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il lavoro di Lalli e Sala è l’aggiornamento più recente, giu21, sul caso Marta Russo che, nonostante la sentenza passata in giudicato, continua ad attirare l’attenzione: le sentenze non hanno convinto. Le autrici hanno rispolverato dagli archivi i fascicoli dell’inchiesta, sono entrate in contatto con un testimone (rimasto anonimo) che mette solo una luce inquietante le parole della “supertestimone” Alletto, hanno ripercorso gli spostamenti dei condannati per verificarne gli alibi, hanno ricercato i vari protagonisti (al netto di chi si è reso irreperibile o indisponibile), hanno raccontato il mancato reinserimento sociale dei riconosciuti colpevoli). Perché il titolo polvere? Perché l’incipit della faccenda fu dato da un residuo rinvenuto, tramite stub, sul davanzale della stanza 6. Al fine di una piena comprensione dell’opera consiglierei la previa lettura del libro “Marta Russo” di Pezzuto, testo decisamente meno agile ma indispensabile per chi volesse calarsi appieno nell’iter processuale e fattuale. Di fronte alle conclusioni di Lalli e Sala il lettore non potrà non riflettere, e allo stesso tempo chiedersi: se fosse capitato a me?
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