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La possessione di Loudun - Michel de Certeau - copertina
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La possessione di Loudun - Michel de Certeau - copertina
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Descrizione


Nel 1632, la possessione diabolica fa di Loudun il teatro di una messa in scena sociale. Il diavolo, la posseduta (la priora Jeanne des Anges), lo stregone (il curato Urbain Grandier), l'esorcista e il medico sono gli artefici e le vittime di uno spettacolo diabolico, intorno al quale tutta una società malata si riunisce per guarire se stessa.
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Dettagli

2012
1 gennaio 2011
380 p., ill.
9788849133776

Voce della critica

Loudun, nord-ovest della Francia, 1632. Per contrastare il diffondersi della peste i conventi vengono chiusi, anche quello delle orsoline, sorto da pochi decenni per contrastare l'altro contagio degli ugonotti. La priora, suor Jeanne des Anges, e altre suore sono vittime, diranno esorcisti e dottori, di possessioni diaboliche. Fino al 1640, Loudun diventa il teatro di un processo che si conclude con la condanna al rogo del curato Urbain Grandier, vittima espiatoria su cui pende la colpa di essere un "libertino": libero pensatore, ha scritto un libello contro il celibato del clero; abile oratore, è un seduttore che non disdegna i piaceri carnali. Fra gli esorcisti vi è il gesuita Jean-Joseph Surin a cui è affidata la direzione spirituale di Jeanne des Anges; giunto per esorcizzare, sarà a sua volta posseduto dal diavolo. Riuscirà comunque, con la penitenza e il dialogo spirituale, a trasformare la posseduta in testimone dei miracoli divini: quando gli ultimi diavoli lasceranno il corpo di Jeanne, sulla mano sinistra della priora resteranno impressi i nomi di Maria e Giuseppe. Divenuta taumaturga, visitata da personaggi famosi, Jeanne non riuscirà però a vincere le perplessità di Surin: scriverà quest'ultimo che è arduo trovare in lei "uno spirito di verità", lei così esperta nell'arte di dissimulare, di rendersi gradita e di ingannare "con mille piccole destrezze di spirito". È proprio dallo studio della corrispondenza di Surin che il gesuita Michel de Certeau (1925-1986) è indotto a comporre nel 1970 La possessione di Loudun, ora meritoriamente tradotto dalla Clueb. "Prendo Loudun un po' come Freud prende il lapsus in un discorso", dirà: e nel libro si avverte l'ascolto dei seminari di Lacan, la lettura avvertita di Foucault, la partecipe attenzione alle rivolte del Maggio. La "crisi diabolica" è l'indizio dello squilibrio di una cultura, delinea un mutamento di episteme: il dubbio si insinua nello statuto di una verità fino ad allora ancorata all'ordine della fede, quasi a scalfire la certezza del Discorso sul metodo (1637) nel Dio che non può mentire all'individuo. La possessione equivale a un "sussulto della ragione": quale legittimità riconoscere al fenomeno, quali tracce visibili testimoniano la presenza dei demoni, con quali mezzi costringerli a svelarsi? Gli esorcisti cercano nel Diavolo – diabolos, calunniatore, il mentitore per eccellenza – il testimone che confermi la verità di fede: la verità va cercata nella menzogna ed è il mentitore a dirla. È una "tragedia del linguaggio" quella che si svolge a Loudun. Come per il don Chisciotte riletto da Foucault, le parole non corrispondono più alle cose: le gesta eroiche narrate nei libri non trovano più spazio nella realtà, i fenomeni straordinari non testimoniano più l'intervento del divino. Credendo di ancorare il soprannaturale alla topografia delle regioni diaboliche del corpo, l'esorcismo si rivela sempre più debitore delle pratiche mediche; la religione sta cedendo il passo a un nuovo sapere, lo sguardo medico, anche se dietro a esso sarà il potere monarchico, la ragion di stato, a decidere la condanna. Il linguaggio religioso, fattosi discorso del corpo, appare ormai privo di potenza guaritrice e il soprannaturale si insedia in quella che un diavolo chiama la "carne-Dio" delle possedute. Gli esorcismi richiamano migliaia di visitatori; mentre la stregoneria era un combattimento tra l'inquisitore e il diabolico, la possessione è una messinscena in cui i demoni recitano nella lingua delle convulsioni corporee. Ma nel "teatro barocco" dell'esorcismo catartico, le orsoline sono le vittime più che le attrici: possedute due volte, dal diavolo che le costringe a pose oscene, dagli esorcisti che cercano di far corrispondere ai loro gesti la griglia demonologica di una secolare tradizione. Già si annuncia un altro spettacolo, quello delle isteriche della Salpetrière; e come per le pazienti di Charcot (e per le miracolate, dirà Zola nel caso di Lourdes), anche a Loudun si insinua il sospetto che in gioco vi sia "la forza dell'immaginazione delle donne". Alcuni libelli ipotizzano che la possessione vada spiegata in termini di "isteromania", ovvero "erotomania", che si scatena fra giovani recluse, tormentate dal pungolo della carne. Tornando nel 1975 all'affaire Loudun, nel saggio Il linguaggio alterato. La parola della posseduta (La scrittura dell'altro, Raffaello Cortina, 2005), de Certeau si chiedeva: esiste nella possessione un "discorso dell'altro"? La posseduta (come chi vive l'esperienza mistica) afferma che è un altro a parlare in lei, e il lavoro di esorcisti e medici consiste nel dare un nome al demone e trovargli un luogo corporeo. Non c'è in senso stretto "discorso dell'altro", c'è semmai "discorso sull'altro": l'oralità dell'altro, per sempre inaccessibile, è padroneggiata da chi presume di disporre del sapere che, tramite la scrittura, chiarisce il non-sapere che l'altro tace, manifesta inconsciamente o esprime a voce. Ed è questa la modalità fondamentale con cui si è costruito il discorso delle scienze umane: il gesto di comprensione articolato dall'etnografia sul selvaggio, dalla psichiatria sul pazzo, e dalla storiografia su chi è ormai consegnato alla morte, è insieme un gesto di conquista e di appropriazione. Sullo sfondo di La possessione di Loudun si avverte il tema ricorrente delle pagine di de Certeau, la costruzione di un pensiero dell'alterità ispirato all'insegnamento evangelico e reso avvertito dalle lezioni delle scienze umane. Le pagine di Lo straniero (Vita e pensiero, 2010, ma l'edizione originale è del 1969) ricorderanno al cristiano, portatore di una verità che non può più pretendersi universale, che è solo come "altro", che si manifesta il divino, sull'esempio del Cristo risorto, non riconosciuto dai discepoli di Emmaus. Mario Porro

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