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Un libriccino gustoso e garbato, che si legge volentieri e scorrevolmente. I problemi che si pone sono seri e sensati per qualunque mente in ricerca di una maggiore profondità nelle tematiche esistenziali. Come conciliare davvero la palese impersonalità e insensibilità della natura con la pretesa della Rivelazione di un Dio personale, che irrompe (in modo anche ingombrante) nella Storia e nella vita personale? Come affrontare la banalità di ragionamenti premasticati che spesso ci vengono noiosamente proposti in omelie e sermoni senza subire la dannazione eterna che peraltro Emma Darwin temeva per suo marito? Come poter lottare ad armi pari con Dio senza soccombere? Forse il breve saggio non risponderà punto per punto, ma ha il merito di smuovere le coscienze in tal senso.
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Il Signore del mondo deve essere molto più sottile di così. Lo scriveva già Charles Darwin nell'estate del 1838, in uno dei taccuini giovanili: "Non è all'altezza della dignità di Colui che si presume abbia detto 'Sia fatta luce' e luce fu immaginare che Egli abbia creato una lunga successione di vili animali molluschi". Molto più "semplice e sublime" ipotizzare che Dio abbia affidato all'inevitabile svolgersi delle leggi "prefissate" della "trasmutazione" il corso della storia naturale.
È il "delitto", come lo definirà in una lettera del 1844, che il naturalista inglese non vorrà confessare per più di vent'anni: aver scoperto i meccanismi di variazione e selezione che rendono conto dell'evoluzione delle specie, l'umana compresa, senza dover più ricorrere a cause finali e ad architetti celesti. La teologia naturale, nel suo tentativo di riconoscere empiricamente negli adattamenti ingegnosi degli esseri viventi le "vestigia della creazione", veniva così confutata e si apriva un crinale filosofico delicato che da lì in poi separerà coloro che vedranno in questa laicizzazione del vivente un'emancipazione irreversibile della conoscenza umana, ma non una definitiva dimostrazione della non esistenza di un'entità sovrannaturale, e chi invece riterrà l'ateismo l'unica deduzione plausibile. Gli uni e gli altri faranno i conti con chi cercherà disperatamente, ancora oggi, un secolo e mezzo dopo, di trovare alternative scientificamente plausibili per disinnescare l'"idea pericolosa" di Darwin, reintroducendo surrettiziamente "piani preordinati" e altre consolatorie forme di "razionalità superiore" nella spiegazione.
In questa sua toccante opera prima, Michele Luzzatto, biologo evoluzionista di formazione, apprezzato editor della saggistica scientifica di Einaudi ma anche cultore dell'esegesi biblica, sceglie di andare dritto al cuore del problema e di affrontarlo, grazie alle libertà concesse da una narrazione incalzante e ironica, dal punto di vista di un immaginario dialogo "alla pari" fra Darwin e il Padreterno. Chi preferirebbe avere di fronte a sé Dio, che lo si concepisca come una divinità personale, come un'entità trascendente inarrivabile, come la natura stessa o come una costruzione umana? Preferirebbe un noioso e petulante servo devoto oppure il frutto glorioso della sua creazione, fiducioso verso i propri mezzi intellettuali, tanto da spingersi persino a sfidarlo apertamente? Non v'è dubbio, un Signore davvero sottile, e non certo il demiurgo arruffone che vorrebbero alcuni sostenitori del "disegno intelligente", sceglierebbe di confrontarsi con una creatura libera e coraggiosa, magari lacerata dal dubbio come Darwin. In fondo, il Dio della Bibbia scende a patti con Mosè e con Abramo, sceglie Giacobbe e Giobbe per lottare con loro "ad armi pari".
Ai proliferanti nemici dell'impresa scientifica Luzzatto rivolge un monito inaggirabile: è davvero questo il modo giusto di difendere il vostro credo? Di fronte all'avventura emozionante di un essere umano che si pone domande sul mondo e ne svela le regolarità nascoste, di fronte a un uomo che si interroga criticamente sulle conseguenze più profonde delle sue scoperte, oscillando fra un ateismo pessimista e un agnosticismo di metodo, onorando in questo suo travaglio interiore le facoltà più nobili del participio "sapiens" che abbiamo (forse prematuramente) attribuito al nostro nome di specie, quale autorità morale o spirituale dovremmo attribuire a coloro che scelgono la menzogna e la violenza verbale per sfuggire alla sfida darwiniana? Di quali valori morali e umani sarebbero portatori gli zelanti e minacciosi adepti che si scagliano contro la "darwinolatria", che paragonano l'evoluzionismo alle croci uncinate e che ostentano gaiamente la loro incompetenza?
È tempo forse di non accettare più, suggerisce la laica Preghiera darwiniana di Luzzatto, gli effetti perversi della povertà intellettuale di questi militanti della fede, proprio come Dio ignora sdegnosamente Elihu, il giovane esaltato che si scaglia contro Giobbe pensando di parlare in nome di Dio per decidere già su questa Terra chi è perduto e chi è salvato. Anche i tre amici di Giobbe, che cercano con dotte ragioni teologiche di convincerlo a rassegnarsi all'ingiusto destino di sofferenza che lo ha travolto, incassano dal Signore un rimprovero senza appello: "Io sono adirato con te", dice a Elifaz il temanita, "e con i tuoi due compagni, perché non avete parlato rivolti a me con sincerità, come il Mio servo Giobbe" (Libro di Giobbe, 42, 7).
Non credete a chi semina paura sostenendo che dopo Darwin non c'è più spazio né per Dio né per i fondamenti della dignità umana, conclude Luzzatto, perché il Dio in evoluzione della Bibbia "ha saputo cambiare idea, convinto in questo dagli esseri umani, che sono liberi, che talvolta combattono con lui e oppongono le loro ragioni, come Giacobbe con la sua lotta e come Giobbe con le sue lamentazioni. E Dio sembra apprezzarli e ripagarli proprio per questo". Saggezza biblica che andrebbe insegnata in tutte le scuole, sottraendola al monopolio pedagogico di una confessione sola e restituendola a un paese dove la spiritualità schiva, generosa e riflessiva di tante persone delle fedi più diverse è oggi ammutolita e soverchiata dai clamori dei propagandisti. Telmo Pievani
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