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Dettagli

1997
22 dicembre 1998
318 p.
9788809211148

Voce della critica


recensione di Mobiglia, S., L'Indice 1997, n. 9

In forma di romanzo storico, il libro ricostruisce la vicenda degli ugonotti nella Francia meridionale dal 1685, anno della revoca dell'editto di Nantes da parte di Luigi XIV, al 1787, quando fu emanato, ormai alla vigilia della rivoluzione, l'editto di tolleranza. Sullo sfondo, il quadro europeo del protestantesimo calvinista, con le sue reti disseminate in Olanda, nel Brandeburgo, a Ginevra, in Piemonte. In Francia è il secolo del "Deserto" - come venne chiamato con metafora biblica il protestantesimo clandestino - termine da cui deriva il titolo della prima parte di questo grande affresco sociale della vita quotidiana nel primo Settecento in Linguadoca, terra di plurisecolare e sempre riaffiorante vocazione all'eresia: è un mondo variegato, ricco di differenze locali, dove le folle dei mercati sono un mosaico di abiti variopinti che segnalano con sicurezza i villaggi di provenienza, ma dove la differenza calvinista, non tollerata dall'ascrizione territoriale al cattolicesimo ("une foi, une loi, un roi"), è costretta a nascondersi nelle tenebre dei culti notturni, con le foreste come unico tempio. Nello scorrere di incontri furtivi e di vite insidiate, si delineano alcune figure di donne che mettono a fuoco il punto di vista femminile e corale della narrazione, fino all'irrompere drammatico dei dragoni a cavallo fra le preghiere e i salmi di un raduno della notte, disperso nel sangue dalla furia degli assalitori. L'episodio è storico, una delle tante "dragonate", e accadde nel 1730.
Tetra e imponente fortezza medievale, eretta in epoca di altre crociate sulle paludi di Aigues Mortes, la Torre di Costanza domina come luogo centrale, materiale e simbolico, sull'intera storia del romanzo. Le sue imprendibili mura cilindriche rinchiudono un universo concentrazionario femminile di prigioniere tutte ugonotte, in cui le donne arrestate dai dragoni incontrano altre compagne di destino, di varie età e condizioni sociali: la lista delle recluse, nomi e anni di prigionia rintracciati dall'autrice nei registri della burocrazia reale, scorre per due lunghe pagine del libro. Sono proprio loro, individualità ricomposte dai frammenti biografici estratti dagli archivi, le protagoniste del libro. La costruzione romanzesca, che le trasfigura in "personae dramatis" sulla scena più ampia della storia e geografia del protestantesimo perseguitato, fitta di letture lasciate sotto traccia, piega la libertà inventiva ai vincoli delle fonti, ne insegue indizi e spie, e sembra essere il mezzo più che il fine della scrittura, la strategia necessaria a sottrarre quelle vite alla prigione del tempo, a ridare loro la parola in un gioco di specchi e di linguaggi fra passato e presente, epoca di altre reclusioni e di altre differenze, che è uno dei motivi di suggestione dell'opera. Dalla pagina letteraria, sempre attenta ai dettagli paesaggistici e di costume dell'epoca, dalla trama di citazioni e montaggio di documenti, traspaiono sguardi spaesanti, intromissioni verbali che dichiarano consapevolezze dell'oggi.
Nel chiuso della Torre, entro cui convergono molteplici percorsi e soggettività femminili, ugonotte clandestine, esuli e accese profetesse, spicca la figura centrale dell'eroina, Marie Durand, colei che insegna alle compagne a sciogliere "la solitudine della condanna individuale in un destino di resistenza condivisa, di cui cominciavano a comprendere il senso per la Storia". Il riscatto operato da Marie Durand culmina nell'esercizio della scrittura, strumento di denuncia e di memoria, in grado di rompere il cerchio carcerario per far sentire agli amici, ai nemici e ai distratti, "un'ingombrante presenza con la quale fare i conti". Le martellanti lettere inviate dalla Torre si accompagnarono al cauto disgelo che caratterizzò il secondo Settecento, nel nuovo clima culturale animato dai "philosophes", fra gli echi dell'"affaire Calas" - che suscitò l'indignazione di Voltaire - e le difficoltà della Corona dopo la sconfitta nella guerra dei Sette Anni. La parte conclusiva del romanzo racconta il lento processo con cui si affermò in Francia un regime di tolleranza e la liberazione infine delle ultime prigioniere della Torre di Costanza, fra cui Marie Durand, che vi aveva trascorso trentotto anni.
Lungo i fili di un duplice e dichiarato coinvolgimento nella materia trattata, in quanto storia delle donne e della minoranza protestante di cui fa parte, Bruna Peyrot rievoca un capitolo dei drammatici percorsi di resistenza alla persecuzione religiosa nell'Europa di ieri che può anche essere letto come romanzo di formazione dell'"inquieta coscienza moderna, sempre in lite fra diritti individuali e obblighi collettivi", sull'impervio cammino della pluralistica convivenza di libere identità. Nel principio irriducibile della libertà di coscienza, nella quale "nessun re poteva comandare", l'autrice insegue le radici dell'autonomia individuale come valore, incarnato dall'eroica resistenza delle donne nella Torre con il loro rifiuto alla facile trasmutazione dell'identità (bastava "dire di s" alla messa") che avrebbe spalancato le porte del carcere.
Biografia, autobiografia, memoria, approcci alla storia privilegiati da questo fine Novecento, specchio forse anche delle sue inquietudini a interpretarsi, si intrecciano e danno il senso del romanzo, nel segno del conflitto tra il ricordo e l'oblio, ben rappresentato, nelle pagine finali, nella visita della scrittrice a Aigues Mortes trasformata dal grande circo del turismo di massa e dei suoi riti. Quando vede Marie Durand ridotta a manichino dietro la vetrina di una sala della Torre o sente il suo nome megafonato in aria dal trenino per bambini, l'autrice avverte l'opera di svuotamento dei significati etici ed esistenziali del passato dentro la minaccia di presentificazione del tempo.

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Conosci l'autore

Bruna Peyrot

Storica delle culture, conduce da anni ricerche su identità, memorie e percorsi di costruzione democratica dei singoli e dei gruppi sociali in Europa e America latina. Tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Una donna nomade. Miriam Castiglione, una protestante in Puglia (Edizione Lavoro, 2000), Il matto della Resistenza. Trasmissione intergenerazionale di un'idea (Claudiana, 2012), con M. Gnone Gianavello. Bandito valdese (Claudiana, 2017), La resistenza del silenzio (Mimesis, 2019) e Prigioniere della torre (Claudiana, 2019).

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