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Anno edizione: 1995
Anno edizione: 1992
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Tommaso d'Aquino e quanti sulla sua scorta hanno inteso negare la possibilità di un regresso all'infinito nella serie causale degli enti divenienti, giungendo così all'affermazione di una causa prima a fondamento del divenire, si sono basati sul principio di non contraddizione, che afferma il primato dell'essere (in atto) sul non-essere (ancora o non più) proprio del divenire: se il regresso causale fosse infinito non ci sarebbe un essere (in atto) fondante il divenire, incapace di autofondarsi. Ciò chiarito, il Proslogion anselmiano introduce per primo un'argomentazione che non ha mai smesso di affascinare filosofi e spiriti pensosi: l'idea cioè che la nozione di Dio è connaturata allo spirito umano, connota strutturalmente la nostra esistenza. Di qui la perenne attualità del Proslogion, vera palestra per quanti intendono confrontarsi col problema filosofico dell'esistenza di Dio.
Tommaso d'Acquino, nelle sue cinque vie per dimostrare l'esistenza di Dio, dice che ogni cosa è "causa" di una successiva ed è anche "effetto" di una precendete. Siccome questo processo a ritroso non può andare all'infinito, deve esserci una causa prima e questa è Dio. Dire, però, "siccome questo processo a ritroso non può andare all'infinito" è una premessa anch'essa tutta da dimostrare. Anselmo d'Aosta, invece, nel suo Proslogion, commette un grosso salto di qualità pur essendo vissuto prima. E' un religioso, ma fornisce una prova detta "ontologica", che dimostra l'esistenza di un essere superiore, solo sulla base di un ragionamento meramente logico. Anselmo definisce Dio come "l'Essere di cui non si può pensare nulla di più grande" e poi passa a dimostrare che questo Essere esiste. Definiamo dunque Dio come un Essere che ha tutte le qualità e il massimo di tutte queste (ossia "di cui non si può pensare nulla di più grande"). Nella nostra mente è possibile concepire quest'Essere. Ad es. non conosciamo l'essere più buono al mondo, ma riusciamo nella nostra mente a concepire l'essenza di una bontà assoluta e insuperabile. Ora bisogna dimostrare che questo Essere esiste. Anselmo fà notare che ciò che esiste nella realtà è più forte di ciò che esiste solo nell'intelletto. L'albero esiste nella realtà e quindi anche nell'intelletto, mentre non tutto quello che esiste nella mente esiste anche nella realtà (ad es. un cavallo alato). A questo punto se quell'Essere definito sopra (Dio) avesse il massimo di tutte le qualità, ma non esistesse nella realtà, giungeremmo ad una contraddizione, nel senso che allora mancherebbe della qualità di esistere e allora deve avere come minimo anche l'esistenza tra le sue qualità, poiché anche l'esistenza è una qualità. La validità della sua dimostrazione rimane aperta ancora oggi poiché Kant affermò che (forse) l'esistenza non è una qualità, ma, come sa chi studia logica, è un quantificatore e non un predicato.
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