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"Gli esseri che ci circondano non sono più che flatus vocis, meri nomi, non appena vien meno il nostro contatto materiale con loro. E anche mentre questo dura, l'abitudine, l'amor proprio, l'egoismo possono ottundere a tal punto il nostro interesse per una persona, da cancellarla virtualmente dalla nostra vita (
) l'egoismo del sentimento è inguaribile, e inesorabilmente destinato a far soffrire chi ne è affetto e gli altri".
Questa melanconica diagnosi di Guido Morselli potrebbe applicarsi facilmente ai personaggi dei suoi romanzi e alla sua stessa figura di solitario analista della "fenomenologia del femminile": basta pensare ai labirinti sentimentali di Un dramma borghese o alla letterale "cancellazione" dell'umanità in Dissipatio HG. Il frammento che abbiamo citato è compreso nel primo libro morselliano, dedicato a Proust e uscito nel 1943. Esso forma con molti altri una specie di autoritratto attraverso lo schermo saggistico: lo scrittore, come spesso avviene, parla di se stesso parlando dell'amatissima Recherche e s'identifica nei fantasmi di Don Giovanni e Narciso che aleggiano intorno al narratore Marcel. Di questo autobiografico "proustismo" di Morselli, del resto, sono bellissimo esempio anche altre pagine dedicate a uno dei temi centrali del romanzo francese (il rapporto fra arte e vita); con significativa insistenza sul "desiderio" o meglio "nostalgia di vita" che anima l'"ostinata minuziosa introspezione" della Recherche sollevandola "ben sopra la sfera dell'analisi psicologica". Il medesimo desiderio o nostalgia, come è noto, forma il nucleo centrale della scrittura creativa di Morselli, dedicata alla crisi del soggetto e a una sofferta quête dell'essenza.
Ma il saggio proustiano non annuncia solo i romanzi postumi del suo autore (che avrebbe pubblicato in vita solo un altro libro, Realismo e fantasia del 1947). Esso rappresenta anche un importante tassello degli studi proustiani in Italia, finora quasi ignorato e opportunamente recuperato dalla nuova edizione di Piazza e Francioni, munita di sobrio e funzionale commento. In polemica con la lettura "per frammenti" della Recherche, Morselli insiste sul carattere unitario dell'opera e la analizza da un punto di vista provocatoriamente filosofico e antiletterario. Le due parti del saggio, quella principale dedicata alla gnoseologia proustiana e l'appendice con i corollari etici o pratici, cercano appunto di illuminare il meccanismo del "sentimento" e la natura del "contenuto sentimentale" proustiano: termini un poco datati con i quali Morselli designa la complessa dialettica della Recherche fra impression e signe, image e idée. Perché a leggere queste pagine morselliane sul labirinto del ricordo e della menzogna, dell'illusione e della verità, soprattutto i capitoli dedicati alla memoria involontaria e al significato delle impressioni, sembra di leggere in anticipo Proust et les signes di Gilles Deleuze, un libro che nel 1964 avrebbe davvero segnato una svolta nel modo di leggere Proust. Anche per Morselli, infatti, fin dall'esergo shakespeariano del suo volume, la decifrazione è tutto; ed egli si sofferma con elegante perspicacia sul fondamentale tema proustiano dei "segni figurati", sull'indispensabile "interpretazione" di quel "solco" che ogni impressione esterna traccia "nel profondo del nostro essere" (poiché le impressioni, dichiara una pagina famosa del Temps retrouvé, "ont besoin d'être traduites et souvent lues à rebours et péniblement déchiffrées").
Proprio alla dimensione "sotterranea" della Recherche, al "mondo ipogeo entro cui si sprofondano impressioni e sensazioni", Morselli dedica i suoi suggerimenti migliori, con alcune brillanti letture (come quella dei "deux clochers de Martinville" in Du côté de chez Swann) che sembrano davvero mettere in pratica lo scavo conoscitivo raccomandato all'artista da Marcel. Meno riusciti sembrano invece altri capitoli, più tradizionalmente orientati sull'estetica proustiana, sulla valenza autobiografica del romanzo e (nella seconda parte del saggio intitolata Il sentimento nella "Recherche") su alcuni corollari "pratici": i rapporti con la religione, la politica, la morale, il sesso. È tuttavia la passione, la passione che ispira solo chi si sprofonda nella Recherche come esperienza totale, a emergere ancora nelle ultime pagine di questo libro attualissimo: quando accenna (accenna soltanto) al valore di allegoria dei personaggi, o alla valenza apocalittica e insieme enciclopedica del capolavoro proustiano, Morselli percepisce davvero alcune risonanze essenziali della musica proustiana e sembra consegnarle all'operosità della critica più moderna. La "composizione ciclica e frondosa" della Recherche si rivela così nelle sue pieghe nascoste, illuminate da questo saggio brillante che l'autore umilmente considerava una semplice "'introduzione' alla lettura".
Rinaldo Rinaldi
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