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Lo stile di Simoncelli si rivela da subito come particolarmente curato, attento a evitare qualsiasi ridondanza retorica nella forma e nella sostanza; ma anche cauto, sommesso, come suggerisce il titolo stesso del libro: “Prove”, in attesa di qualcosa che sta per arrivare, e incombe incontenibile quasi fosse un nubifragio. La memoria, forse? Un passato di affetti familiari perduti e rimpianti, come nelle sezioni dedicate al padre, alla madre e alla moglie morta più di dieci anni fa? Nelle venti poesie dedicate al padre è in primo piano il rapporto controverso tra due uomini, legati indissolubilmente non solo dal vincolo di sangue, ma da una odiosamata dipendenza reciproca. Il poeta bambino guarda al padre come a un esempio da imitare («la fragile eleganza / trasognata con cui saliva le scale»), insieme con il rancore di chi teme l’esplosione di un’improvvisa violenza dovuta all’ubriachezza. Un figlio che si fa carico delle debolezze paterne, al punto da perdonargli anche la disattenzione nei suoi confronti, e che persino da adulto è costretto ad ammettere: «Sto sempre ritornando a casa di mio padre». L’autore rende poi omaggio alle donne più importanti della sua vita: la madre e la moglie, la cui assenza incombe come un’eterna condanna per un irragionevole rimorso da sopravvissuto («Mi sento un ladro con le chiavi / in questa casa troppo piena / di ogni cosa e vuota»). Il pensiero della morte - la propria avvertita con rassegnato presentimento, quella altrui dolorante nel ricordo - anima anche l’epilogo del volume, nell’attesa di un dopo sentito quasi come una liberazione: «voglio farmi trovare pronto: / ho il nécessaire per la notte e la pila». Il tono discreto, l’elegante equilibrio della poesia di Simoncelli non si manifesta solo nei temi della raccolta, ma soprattutto nella sua fedeltà alla tradizione letteraria del nostro novecento, nei versi rispettosi di una metrica e di un ritmo musicale mai ostentato, eppure sapiente e rigoroso.
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