"L'Italia è un enigma letterario". Abbiamo festeggiato i centocinquanta anni e siamo ancora lì. È un mito − o un incubo − che accompagna la nostra storia da quando Massimo d'Azeglio sentenziò che ora occorreva "fare gli italiani". L'aforisma per Croce valeva poco, "perché non c'era un'Italia fatta e gli italiani da farsi, ma l'Italia si faceva con gli italiani, e questi con quella". La disputa, però, continua. Toscano, certo memore del leopardiano Discorso sui costumi degli italiani, trova "assai improbabile l'idea di una 'società' italiana; essendo l'Italia tante società italiane, ossia tante società locali, e dunque tante comunità". Ci fornisce così un utile compendio delle difficoltà che incontra l'Italia a passare dalle chiuse comunità precapitalistiche indagate da Tönnies o da Durkheim alla moderna "società" individualistica e "capitalistico-borghese", detestata da Tönnies. Secondo Toscano, la città, luogo di elezione della modernità, "apparve all'orizzonte dell'Italia unita in modo ambiguo". Questa ambiguità venne subito colta da De Amicis a Torino come a Napoli, Catania e Siracusa, e da Fucini a Napoli, fino alla Milano indagata nei suoi aspetti dall'opera collettanea Ventre di Milano (1888). Altre pagine sono dedicate al ruolo "ideologico e funzionale" della donna nell'evoluzione della società italiana. Importanti le pagine di analisi delle inchieste promosse dal parlamento, dopo l'unificazione, su temi e con risultati di tale importanza sociologica e politica da fare invidia agli attuali legislatori. Le conclusioni del saggio non sono ottimistiche. Il lascito paralizzante della comunità si annida in ogni anfratto della storia, della geografia e della società civile del paese. Ma, citando Comte, Toscano ammonisce che la "rassegnazione" deve comunque essere "saggia". "La fatalité è modifiable". Angiolo Bandinelli
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