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scheda di Ronchi della Rocca, D., L'Indice 1993, n. 4
Continuando la sua ricerca per il riconoscimento di uno specifico femminile nella storia della psicoanalisi, Silvia Vegetti Finzi con questo libro "corale" da lei curato si affianca ad altre otto studiose per raccontare con parola femminile - in un'affascinante forma letteraria dove la biografia, il saggio, la critica e l'analisi si intrecciano - il fondamentale apporto delle donne nella formulazione della teoria e nella definizione del metodo della psicoanalisi. E sceglie di cominciare con Anna 0. e Dora, finalmente "sottratte alla riduttiva etichetta di 'casi clinici' ed elevate, per i contributi forniti alla conoscenza e al metodo, al rango di co-autrici dell'impresa psicoanalitica ai suoi esordi".
Quindi Simona Argentieri magistralmente espone le idee e il destino di devozione di Anna Freud, e il "miracolo" della sua mancanza di intrusività; Adele Nunziante Cesaro ci rivela le complici alleanze tra la Klein e sua madre, e ce ne propone una rilettura in chiave fortemente sessuata e quasi protofemminista. Anna Maria Accerboni ci racconta Marie Bonaparte, la Principessa, l'orfana non amata, la donna infelice e non rassegnata. E Nadia Fusini ci svela la segreta regia della vita di Lou Salomé, ridisegnata per i posteri.
Il genio di queste donne risalta ancora più brillante quando esse vengono restituite alla loro interezza di persone, e noi possiamo riconoscere il percorso delle loro strenue volontà e l'originalità del loro pensiero sullo sfondo reale della biografia e della storia. Così la tragedia di Sabina Spielrein, tragedia della mente, del cuore, e del nazismo, si può dispiegare in tutta la sua intensità. E così ci è dato di comprendere, nell'esposizione di Francesca Molfino, come le sue teorizzazioni sulla distruttività e l'istinto di morte non si possano scindere dal suo dramma personale, ma non possano d'altronde essere liquidate come epifenomeni di esso. Con Karen Horney (presentataci, insieme a Helene Deutsch da Anna Salvo) comincia a dissolversi quell'atmosfera un po' cupa e soffocante, endogamica e vagamente incestuosa, che ha profondamente condizionato il pensiero delle psicoanaliste precedenti. Per questo il preedipico femminile è rimasto "continente nero" umbratile e non detto.
E mi piace pensare che la posizione del bel saggio di Luisa Mele su Franèoise Dolto prima di quello di Gabriella Buzzatti su Luce Irigaray non corrisponda solo a un criterio cronologico. La Dolto, col suo ascolto totale, mistico ed etico, dei bambini cui il "peccato originale" ha impedito l'uso di una parola condivisibile, si muove già nella differenza. Poi Luce Irigaray può cominciare ad avventurarsi, col suo corpo di donna, sul continente nero. Finisce "l'economia del fallo".
E scompare finalmente quell'oscura sensazione di oppressione, di ingiustizia, di sacrificio, che mi ha accompagnata durante la lettura di questo libro: come se tutte le donne eccezionali di cui esso ha trattato fossero in fondo delle vittime, che non hanno dedicato solo il loro genio alla psicoanalisi, ma anche il loro destino, e la loro anima, lacerandola in una scissione che forse ora può essere ricomposta.
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