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Dettagli

2004
23 settembre 2004
Libro universitario
9788833957227

Voce della critica

Di grande interesse per il dibattito teorico-clinico, ma anche epistemologico, in cui è entrata la psicoanalisi in questi ultimi anni, l'idea di alcuni colleghi della Spi di raccogliere in un volume gli articoli, selezionati e tradotti dall'"International Journal of Psychoanalysis" dell'anno 2002. La varietà degli interventi rende il lavoro del recensore particolarmente arduo.
Inizierei con lo scritto di Barbara Milrod relativo al trattamento (davvero complesso) di un bambino di nove anni affetto da conversione somatica. Questa sindrome consisteva in un comportamento inquietante caratterizzato dall'emissione di urla e lamenti estremi per il dolore che il giovane paziente diceva di avere alle orecchie, impossibilità a camminare e incapacità di frequentare la scuola. Nel corso dell'analisi è emersa una profonda ambivalenza nei confronti dell'analista: appariva felice di andare nel suo studio, ma a un tempo lo definiva "un supplizio". La ragione del suo grave disagio e conflitto interno era nella sua storia personale, dominata dal sentimento di "non contare molto per i genitori". In particolare la rabbia era diretta contro il padre, cantante d'opera, che lo aveva ignorato per anni. Appariva evidente il suo problema collegato alle angosce di separazione che alimentavano la sua ambivalenza transferale nei confronti dell'analista. Il disturbo di conversione del giovane paziente si risolse otto mesi dopo l'inizio dell'analisi. Nella discussione del caso viene precisato che la verbalizzazione delle fantasie inconsce sottostanti ai sintomi era associata alla remissione dei sintomi somatici e a una migliore capacità di integrazione delle sue parti. In particolare, le urla disperate costituivano uno specifico attacco al padre (causa di abbandoni) e alla sua professione di cantante lirico (che lo portava continuamente lontano da casa). Egli apparteneva a una famiglia di musicisti dove l'ascoltare era fortemente investito. Non meraviglia quindi che i suoi sintomi di conversione avessero una focalizzazione uditiva. Il suo urlare e gemere avevano dunque un significato provocatorio in senso masochistico. La patologia del paziente "aveva una connotazione isterica, ma in effetti la sindrome comprendeva deliri somatici e gravi disturbi nella relazione con la realtà. Nel corso dell'analisi recuperò gradualmente la capacità di eseguire l'esame di realtà riguardo al suo corpo e si formò piuttosto rapidamente una struttura e un'organizzazione dell'Io, senza il ricorso a farmaci antipsicotici, appena cominciò a verbalizzare le sue esperienze traumatiche e affettive e ad attribuire loro un senso".
Affascinante e analiticamente intrigante il caso di una paziente transessuale presentato da Danielle Quinodoz, che ne descrive la fase analitica conclusiva. Il lungo lavoro sul transfert aveva convinto l'analista che la paziente presentasse parti depresse e nevrotiche della personalità, alternate a parti persecutorie più francamente psicotiche. Simone - questo il nome (femminile) della paziente - proiettava nell'analisi il desiderio di conservare le sue parti maschili. Erano parti maschili scisse ed espulse a causa dell'odio e della paura per gli uomini e del desiderio che l'analista potesse darle la certezza di essere sicuramente diventata donna e non restare nella posizione del transessuale, che significava per lei essere un mostro. Ma da dove le veniva questa paura degli uomini?, si domanda Quinodoz. Essa aveva radici nella fantasia infantile che solo le bambine fossero, per i genitori, degne d'amore, mentre lei come maschio era stato completamente trascurato dalla madre (forse per depressione post partum ?) e traumatizzato dalla sua incuria. Per vendicarsi aveva fatto la fantasia di far impazzire sua madre e rendere impotente suo padre. Ma questi erano esattamente i sentimenti che l'analista provava in seduta, risultato della loro scissione e identificazione proiettiva.
Una particolare attenzione merita il lavoro di John F. Turner sull'illusione. Dopo un breve excursus storico, l'autore introduce il pensiero di Marion Milner e Donald Winnicott che, contrariamente a molti colleghi che hanno seguito Freud nel considerare negativa l'illusione, in quanto espressione di un fallimento nell'adattamento alla realtà, la vedono positivamente, come un mezzo di adattamento.
Winnicott parte - ed è il suo pensiero più originale - dall'infanzia con l'espressione paradossale: il "bambino non esiste", con il che vuol dire che il bambino da solo non esiste e pertanto non può che esistere in relazione con la persona che si prende cura di lui e con l'ambiente in cui cresce. Il sé dunque è relazionale fin dall'inizio della vita e il narcisismo primario postulato da Freud non esiste per lui come non esiste per Klein. Ma alla base di ogni relazione c'è l'illusione. È questa la grande intuizione di Winnicott. La creatività adulta ha - per Winnicott - le sue radici nell'onnipotenza infantile intesa come un fatto di esperienza: "L'illusione di onnipotenza alimenta nel bambino la fede nel valore di ciò che può emergere dal suo mondo interno e il graduale apprendimento dell'alterità della madre alimenta una fiducia del mondo esterno come luogo sicuro e interessante in cui esercitare questo potere creativo". La madre, quando sufficientemente buona, è in grado di accompagnare il bambino nel mondo esterno, ma tale passaggio è mediato dalla presenza di un "oggetto transizionale". Questo è un "oggetto" creato dal bambino stesso e rappresenta la "terza area", area intermedia tra mondo interno e mondo esterno, area dell'illusione che, in Winnicott "non costituisce un'alienazione della mente dalla realtà, ma è il ponte fra la nostra mente e la realtà, e conferma nell'individuo il sentimento di avere un potere creativo all'interno del mondo che lo circonda". L'illusione si estende fino al gioco del bambino. Così Winnicott fa emergere il ludere che è al centro dell'illusione da cui nascono, a tempo debito, le attività creative dell'adulto.
Horacio Etchegoyen e Clara Nemas prendono spunto dall'ormai citatissima invidia di Antonio Salieri per Amedeus Mozart per introdurre alcune riflessioni su questo affetto. Attraverso l'analisi di una paziente, gli autori introducono un'ipotesi che definiscono il "dilemma di Salieri", per il quale la paziente sentiva che, contro ogni evidenza, l'analista aveva tutto mentre lei non aveva niente. Ciò veniva interpretato come l'identificazione proiettiva degli aspetti più positivi del sé nell'analista e come idealizzazione dello stesso e diniego dei suoi limiti. L'interpretazione era tesa a far capire alla paziente che era più facile per lei esibire la propria invidia piuttosto che accettare di percepire la bontà del lavoro analitico.
L'ultimo lavoro della raccolta è di Gilbert Pugh e riguarda un tema di assoluta attualità: quello della memoria e del suo rapporto con le neuroscienze. La memoria, già presente nel Progetto di una psicologia di Freud (1895), ritorna come base dell'organizzazione del sistema ψ nel settimo capitolo dell' Interpretazione dei sogni . Freud stesso aveva colto l'importanza dell'amnesia infantile relativa alle prime esperienze relazionali del bambino. L'autore introduce alcuni concetti neuroscientifici che gli permettono di ipotizzare che l'amigdala, coinvolta nell'elaborazione delle emozioni, e i nuclei della base, impegnati nell'elaborazione inconscia delle funzioni cognitive, sono strutture che partecipano all'organizzazione della memoria implicita, la cui funzione è particolarmente interessante per la psicoanalisi. Queste strutture sono ben sviluppate alla nascita, in contrasto con l'ippocampo, indispensabile per la memoria esplicita, che invece matura più tardivamente - a circa otto mesi, secondo Joseph ( Neuropsychiatry, Neuropsychology and Clinical Neuroscienze , Williams and Wilkins, 1996), a 2 anni secondo Siegel ( La mente relazionale , Raffaello Cortina, 1999). Su questa base, "i ritmi evolutivi differenziali dell'amigdala e dei gangli della base paragonati a quelli dell'ippocampo potrebbero indicare che nei bambini piccoli può esserci una memoria inconscia della paura, dei sentimenti dolorosi o sessuali, ma non una memoria conscia degli eventi". Si tratta di una memoria implicita, infatti, quale base di un inconscio non rimosso, dal momento che le strutture necessarie per la rimozione maturano più tardivamente. Tuttavia, esperienze fortemente traumatiche e stressanti possono usare le strutture della memoria implicita e baipassare la funzione ippocampale anche nel corso dell'intera vita. Gli autori precisano infatti "che lo stress potenzia la produzione di ormoni adrenosteroidi e che questo eccesso influenza negativamente il funzionamento dell'ippocampo (McEwan e Sapolski, Stress and cognitive functions , "Curr. Opinion Neurobiol.", 1995, n. 5)". Dunque, in periodi di stress l'ippocampo può non essere in grado di svolgere la sua funzione nel recupero di esperienze traumatiche.
È interessante la proposta di Gilbert Pugh di vedere gli oggetti interni "come strutture inconsce appartenenti al sistema mnestico". La stessa scuola kleiniana, infatti, riconosce che gli oggetti interni sono il risultato di una introiezione di oggetti esterni sotto forma di rappresentazioni, operazione che inizia fin dalla nascita e che partecipa alla strutturazione dell'inconscio. Tali oggetti interni si presentano sia come strutture inconsce che come fantasie inconsce. Essi si organizzano molto prima dell'Edipo. Tale affermazione è in linea con l'idea che l'organizzazione dell'inconscio non rimosso avvenga nei primi periodi della vita nell'area pre e perinatale sotto forma di esperienze depositate nella memoria implicita (Mancia, Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert , Bollati Boringhieri, 2004). L'autore è in linea con questa ipotesi, quando scrive che "le strutture basate sulla memoria che chiamiamo oggetti interni sono costruite lungo tutta la vita dalla memoria sia esplicita che implicita, e i primissimi oggetti interni sono basati solo sulla memoria implicita". Per questo, l'autore parla di oggetti mnestici impliciti e oggetti mnestici espliciti considerati come "programmi" che organizzano la vita mentale del soggetto nella sua dimensione inconscia (sia non rimossa che rimossa) che caratterizzerà il carattere, le difese, le fantasie e pertanto il transfert di ogni paziente.

Mauro Mancia

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