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Quelli con le scarpe fine - Gabriele Presciutti - copertina
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Quelli con le scarpe fine

Descrizione


Il delegato prefettizio Urbano Sartor, piemontese, in servizio presso la Prefettura di Bologna, viene inviato nell'Appennino pesarese con l'incarico di stroncare in modo definitivo le attività criminali di due banditi e dei loro sodali, le bande di Zecchetta e dello Zingaro, che spesso agiscono insieme. Siamo nei primi anni dopo l'annessione della provincia pesarese al Regno d'Italia e molte sono le inquietudini che serpeggiano fra la popolazione. Nelle zone più aspre dell'Appennino i fenomeni della renitenza alla leva e del contrabbando favoriscono un ambiente protettivo per le attività dei banditi, ma il nuovo stato non può permettersi di lasciare prosperare tali attività. Giunto a Cagli, Sartor deve ben presto fare i conti con mille difficoltà e dovrà confrontarsi con rapine, omicidi e sparizioni in un gioco delle parti che a un certo punto appare inestricabile, dove nessuno è quello che sembra. Solo su una persona Sartor può contare sempre, il fedele maresciallo Sforzacosta, comandante della caserma dei Carabinieri Reali di Cagli, che condividerà con lui un crescendo di illusioni, delusioni e speranze, fino all'epilogo finale.
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Dettagli

2022
16 maggio 2022
284 p.
9791220377867

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Cesare Bartoccioni
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Di briganti e di banditi

Sante lo guardò con gli occhi furbi: “Signor Delegato, godetevi la Pasqua, finora abbiamo parlato di me, poi toccherà a quelli con le scarpe fine.” Con queste parole sibilline Sante il bandito, detto Zecchetta, si accomiata dal Delegato prefettizio Urbano Sartor, inviato nell’Appennino pesarese per stroncare il brigantaggio dilagante in quei paraggi. Ho scelto questo passaggio perché è emblematico del nocciolo del racconto, che va oltre il resoconto lineare della lotta al banditismo per scendere nei meandri oscuri e inconfessabili delle connivenze e delle convenienze che legano le manovalanze criminali ai potentati che, da sempre, sanno ben tenersi nell’ombra, manovrando le fila di sottili inganni per volgere gli eventi a loro favore. L’autore ci accompagna per i luoghi dell’entroterra pesarese al confine tra Marche e Umbria posizionando le vicende nel primo decennio dell’unità d’Italia. Il lettore si immerge senza fatica nel periodo storico narrato, tra i primi passi del nuovo Stato unitario e le sue contraddizioni, tra la diffidenza e l’ostilità di popolazioni da poco sottratte al lieve giogo papalino e ora terrorizzate dalla perdita di manodopera, loro unica ricchezza, causata dal nuovo istituto della lunga leva obbligatoria. L’autore si fa apprezzare per la puntualità della sua ricerca storica, dalla toponomastica della città di Cagli rapportata al periodo narrato, fino alla trattazione della vita giornaliera, degli oggetti, delle vie di comunicazione, dimostrando ancora una volta una destrezza ben sedimentata che giunge fino alla descrizione delle attività contadine e della flora dei luoghi oggetto di ambientazione. Il lettore si ritrova all’ultima pagina in men che non si dica, con la sensazione di aver davvero vissuto al fianco del Delegato Sartor, del Maresciallo Sforzacosta, del bandito Zecchetta e di tutti gli uomini e le donne che costellano questa riuscita rappresentazione, ove si muovono, silenti e ambigui, allora come ora, quelli con le scarpe fine.

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