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Anno edizione: 2022
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Se anche fossero scarti o povere pietruzze scivolate via dalla tasca alticcia dell'autore, se anche passassero per pagine gregarie, o brulle o imprecise, ma quanta bellezza lo stesso respira fra i bronchi e le pupille, nell'incontro. Joseph Roth va amato così, col suo bagaglio di instabili impiegatucci a rincorrere un desiderio anche minimo, a sollevare un bicchiere e dirsi appagati in una sera di pioggia, ultimi a lasciare un caffè nel freddo della notte; con le sue donne tristi, dai sorrisi rari, a proteggersi da un tempo di sventura e affrontare da vedove, o orfane, o infelicemente ricche, il tempo del loro cuore; coi suoi destini sonnolenti e grigi, in bilico fra un'inquietudine innata ed eventi che la fronteggiano, guerre, morti, amori, solitudini. Valga il racconto "La ricca casa di fronte", dove lo sguardo di un vicino crea una verità su una grande stupenda casa che non è affatto quella. Dunque lo scontro fra un esplorare la vita, avvertirne un esile senso, e poi invece sentirne puntualmente addosso i malrovesci, le incostanze, la voce dell'imprevisto che erompe dalla gola dell'ordinario, smontando o modificando pezzo per pezzo il cammino dei giorni, noi, le cose attorno a noi, e obbligandoci a ripensare daccapo il corso di tutto. Mordecai lo scrivano o Josef il fabbricante di spazzole o Pantalejmon il becchino, o il minuto e insignificante Mister Washer ("gli occhiali erano l'unica cosa che colpiva di quel volto"),sono tutte creature di uno stesso sogno, il malandato percorso del sano che incontra il malato e viceversa, la stazione dove la vita dispensa il poco che la fa amare e il molto che la deturpa, la precipita. Anime senza luogo, già contagiate da un mistero di pena che tenta ogni volta di svelarsi e ogni volta comprende tardi, o poco, o mai, cos'è che respira nelle storta curva di un esperienza umana. Roth è maestro nel disegnare simili vicende, e questi racconti, acerbi e preziosi come carboncini bellissimi, ne confermano comunque la forza e la virtù
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