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Marco (Il pensiero della città 3); 1992; 8885350232; Copertina flessibile con risvolti; 20 x 12 cm; pp. 160; Traduzione di A. Rosselli. ; leggeri segni d'uso alla copertina, interno ottimo; Buono (come da foto). ; La civiltà moderna, ma anche quella antica della põlis greca, nasce come civiltà del logos. Il pensiero della città, è il pensiero della modernità e di quel che di moderno c'è nell'antico. Il binomio città-campagna spesso nei nostri tempi si è quasi convertito in opposizione tra razionalità di una cultura progressiva e tradizionalismo sentimentale e retoricamente proteso verso la conservazione di una dimensione idealizzata. Ma anche tra sviluppo e sottosviluppo, tra libertà e oppressione.La città è il luogo della organizzazione razionale del lavoro, dell'occupazione probabile, della mobilità dei ceti economici, delle attività terziarie avanzate, delle professioni remunerative, infine della cultura industriale. Non a caso l'urbanizzazione selvaggia si registra ogni volta che vi è uno sviluppo economico generale. La voglia di andare in città non è solo aspirazione al consumo, ma anche il più delle volte necessità di fare una vita dignitosa, libera dai vincoli e dai limiti propri di una realtà rurale, con le sue ferree leggi sociali e i suoi pregiudizi tradizionalistici. Ma è poi veramente così? È forse una necessità che la città sia il luogo del pensiero razionale, e la campagna quello del sentimento? È possibile uno sviluppo della razionalità in una realtà tradizionale e per tanti versi arcaica come quella del paese (quale luogo di residenza dell'agreste)? Le contraddizioni della società industriale (anzitutto una vita caotica nel luogo antonomastico della efficienza e della razionalità; una libertà promessa contro l'esistenza di vasti strati di popolazione urbana senza ruoli sociali, emarginata; un consumo sfrenato che non tiene conto dei bisogni elementari della dimensione ecologica del vivere; enormi distese di cemento rubato al verde della...
SOETJE, ELENA, Ricoeur. Fra narrazione e storia
RICOEUR, PAUL, La questione del potere
DANESE, ATTILIO (A CURA DI), L'io dell'altro. Confronto con Paul Ricoeur
scheda di Garelli, G., L'Indice 1994, n. 1
È un Ricoeur forse meno noto, quello del saggio (scritto nel 1955, ma proposto soltanto ora in traduzione italiana) su "La questione del potere". Tuttavia queste pagine del filosofo, all'epoca poco più che quarantenne, colpiscono per la loro vivacità "militante"; pensate in un contesto storico e politico fondamentalmente diverso da quello attuale, come attestano i continui riferimenti a eventi e situazioni precise (dall'analisi del celebre "rapporto Kruscev" alla critica di un movimento pacifista che, se nel frattempo può aver preso congedo dai propri eccessi d'impoliticità, deve essere grato anche a ricostruzioni storiche appassionate e insieme rigorose come quella di Ricoeur), esse forniscono comunque al lettore interessante testimonianza di un pensiero che rivendica il proprio carattere pienamente "politico". Che nella prospettiva del filosofo francese il legame fra ermeneutica ed etica conservi tuttora un ruolo centrale risulta assai evidente dalle pagine dedicate all'"etica della narratività" della monografia di Elena Soetje, "Ricoeur. Fra narrazione e storia". Si tratta di uno studio che ha il duplice merito di introdurre il lettore alle tematiche della filosofia ricoeuriana dell'interpretazione nel suo complesso (coprendo un itinerario speculativo che riguarda soprattutto, diremmo, gli ultimi vent'anni) assumendo d'altra parte un produttivo atteggiamento di confronto teorico con il proprio oggetto - quel "distacco", in un certo senso, che rende possibile e feconda ogni autentica interpretazione, come Ricoeur stesso ha insegnato: in questa chiave sono da leggersi fra l'altro le pagine dedicate alla critica ricoeuriana di una presunta "liquidazione" della metaforica da parte di Heidegger. Soprattutto all'ultimo grande lavoro di Ricoeur, "Se stesso come un altro", si riferiscono infine i saggi del volume collettivo "L'io dell'altro" al quale hanno collaborato diciannove studiosi italiani. I loro interventi sviluppano confronti con singole tematiche, all'interno comunque di una continuità speculativa che è lo stesso Ricoeur a ribadire nella lunga conversazione con Osvaldo Rossi riportata in conclusione del volume, e intitolata significativamente "Tra sfida etica ed impegno filosofico".
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